Jojo e Adolf amici per la pelle. L’irresistibile commedia contro ogni nazismo vince l’Oscar
Oscar per il miglior adattamento a “Jojo Rabbit”, dark comedy del neozelandese Taika Waititi, ispirata al fortunato romanzo, Il cielo in gabbia di Christine Leunens (Sem Libri). Una satira del nazismo, una riflessione sull’intolleranza e gli estremismi che diverte, commuove e fa pensare. Da far vedere a piccoli e grandi come antidoto alla violenza e all’ignoranza dei nostri tempi. Premio del pubblico al Festival di Toronto, apertura col botto del festival di Torino 37 e poi in sala con The Walt Disney Company Italia …
Un nuovo Oscar contro ogni nazismo in chiave comedy. Benigni con La vita è bella infrangendo il tabù di affrontare in commedia l’Olocausto è stato ripagato con tre Oscar. Ora tocca a Jojo Rabbit che vince la preziosa statuetta per il miglior adattamento. E sì, perché dietro a questa travolgente dark comedy firmata dal neozelandese Taika Waititi c’è un libro.
Anzi un libro culto. È Il cielo in gabbia di Christine Leunens (Sem Libri), scrittrice americana con origini europee, un passato da modella e un presente in Nuova Zelanda.
Sua l’idea di partenza, geniale in se, di mettere insieme in una soffitta viennese, in piena seconda Guerra mondiale, un ragazzino fervente hitleriano e una ragazzina ebrea, messa in salvo tra quelle mure proprio dai genitori di lui che, al contrario, sono attivi nella resistenza al nazismo.
Su questa traccia il regista ebreo maori, Taika Waititi ha poi messo del suo. E molto. Del resto lo conosciamo. È quello del marveliano Thor: Ragnarok ma apprezzato, soprattutto, per il suo umorismo strampalato sul mondo bambino di Selvaggi in fuga.
L’infanzia, infatti, è centrale anche in questa sua nuova commedia – targata Fox Searchlight Pictures, leggi Disney – che dal festival di Toronto (premio del pubblico) ha cominciato la sua inarrestabile cavalcata verso l’Oscar, passando anche dal Torino Filmfest.
Vero è che di black comedy sul tema Shoah, nazismo e dintorni se ne sono viste parecchie. Di grandi (cominciando da Chaplin col Grande dittatore, ma anche Tarantino ha fatto la sua parte, regalando l’Oscar a Christoph Waltz) e piccole (Lui è tornato con tanto di remake italiano con Mussolini). Eppure questa è davvero da non perdere.
Waititi, infatti, ricava una commedia dai toni surreali e dai colori sgargianti che a tratti sembra portarci nel mondo di Wes Anderson. Una riflessione sull’intolleranza e gli estremismi che diverte, commuove e fa pensare. Semplicemente andando al cuore di ogni fanatismo, raccontando cioè il desiderio di appartenenza al gruppo di chi invece è costretto ai margini.
Proprio come accade al piccolo Jojo (bravissimo Roman Griffin Davis) il protagonista, ragazzino insicuro e pauroso, eternamente bullizzato dai giovani camerati della gioventù hitleriana, a cui per farsi rispettare nulla serve la sua fede assoluta nel nazismo. E neanche quel suo amichetto immaginario che è Hitler in persona.
Sì proprio lo stesso regista nei panni sgangherati di un Adolf “consigliere” che dovrebbe spingere Jojo all’azione, anche dopo l’incidente con la granata che gli ha sfregiato volgo e gamba spingendolo via via a nascondersi in casa per vergogna, dove avrà quindi modo di conoscere – fino a innamorarsene – la ragazzina ebrea nascosta in soffitta (Thomasin McKenzie) dalla sua bellissima mamma partigiana, Scarlett Johansson.
Mettendo insieme ironia, dramma e tenerezza (la scena in cui Jojo tenterà di allacciare le scarpe alla mamma è da brivido) Taika Waititi, firma una black comedy irresistibile, sapiente nell’accostare generi e ridisegnare immaginari (parate naziste con le note dei Beatles e nazi draq queen all’ultimo assalto con le piume) da far vedere a piccoli e grandi come antidoto alla violenza e all’ignoranza dei nostri tempi.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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