Bruna e Eli, sfruttate e precarie da trent’anni

Dialogo a distanza tra le protagoniste di “Storia d’amore” di Citto Maselli dell’86 e “Sole Cuore Amore” il nuovo film di Daniele Vicari, in sala dal 4 maggio (per Koch Media) e presentati alla scorsa Festa del cinema di Roma. Due storie di sfruttamento e precarietà al femminile che, a distanza di trent’anni l’una dall’altra, mostrano un futuro che ancora non c’è. Il 5 maggio (ore 21) al Nuovo Sacher di Nanni Moretti, con dibattito…

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Bruna si sveglia alle 3.30 ogni notte. Eli alle 4.30, anche lei ogni notte. Bruna fa le pulizie in un palazzo del centro di Roma e per arrivarci, dalla borgata dove vive, impiega oltre due ore in autobus, un sali e scendi continuo fra uno e l’altro.

Eli fa la barista in zona Tuscolana, senza contratto, né ferie, né diritti e siccome vive tra Ostia e Torvaianica per arrivare in orario d’apertura, anche per lei è un continuo sali scendi, tra bus e metro e circa due ore di tragitto.

Bruna poi si occupa anche delle faccende di casa, dei fratelli piccoli, del padre vedovo e un tempo operaio, come dice con orgoglio. Eli a casa ha quattro figli. Piccoli anche loro e un marito disoccupato sempre in cerca di lavoro.

Ma Bruna ed Eli non si conoscono. E non sono neanche nello stesso film. Eppure fanno più o meno la stessa vita da sfruttate e precarie, nonostante i trent’anni di distanza. E sì perché era l’86 quando Citto Maselli stregò Venezia con Storia d’amore  -magnifica nei panni di Bruna una Valeria Golino esordiente – che, fatalità, la Festa di Roma ha programmato l’altra sera nell’omaggio al grande regista, a poche ore di distanza da Sole Cuore Amore, il nuovo film di Daniele Vicari, con una intensa Isabella Ragonese nei panni di Eli, in sala dal 4 maggio (per Koch Media).

L’aveva detto Citto Maselli tempo fa, che se pensava ad un erede del suo cinema, non poteva che fare il nome di Daniele Vicari (presidente di giuria per l’edizione 2017 del nostro premio Bookciak, Azione!). Ebbene, questo confronto a distanza, voluto o capitato per caso alla Festa, è un po’ la riprova di questo passaggio di testimone, che il regista di Diaz e La nave dolce – l’uno sul massacro e le torture del G8 di Genova e l’altro sul primo sbarco albanese in Italia – porta avanti caparbiamente e coraggiosamente attraverso film politici, prima di tutto.

Politico, prima di tutto è sicuramente Sole Cuore Amore, capace di narrare l’Italia del lavoro che non c’è, del precariato, degli impieghi senza diritti, dei ricatti lavorativi. Dei giovani, in coppia, singoli o in famiglia, tanti, tantissimi, la maggioranza, che vivono in totale assenza di un briciolo di futuro. Quell’umanità invisibile anche al cinema, se non in racconti di malavita e pistole. I protagonisti della periferia di Vicari, invece, non rubano, non sparano, e vogliono vivere del loro lavoro, semplicemente. Semplici come sono le parole della canzone a cui si riferisce il titolo.

Come i giovani di Storia d’amore, quel magnifico Jules et Jim proletario, politico, esistenziale sulla condizione femminile oltre il femminismo in cui Maselli mostrò la periferia come mai prima: attraverso lo sguardo di giovani “pieni di coraggio, intelligenza e vitalità. Giovani che nonostante tutto – ed erano gli anni del flagello dell’eroina -, nonostante condizioni lavorative drammatiche, non si drogavano, né rubavano, né si prostituivano ma tentavano comunque la costruzione di un futuro”.

Quel futuro che trent’anni dopo ancora non c’è. E che, invece, Sole Cuore Amore guarda in faccia senza falsi ottimismi, peccando forse di una narrazione non del tutto fluida, ma comunque forte nel desiderio di raccontare il presente, anche quello più scomodo.