Citto Maselli ricorda il compagno Emilio. In un doc (che verrà) sul Volontè militante
“Era un grande attore e co-autore, capace di entrare così in profondità nei personaggi. Ma aveva anche un carattere infernale”. Citto Maselli che ha diretto Gian Maria Volontè ne “Il sospetto”, nei panni del compagno Emilio, è tra i testimoni del documentario Dimenticata militanza che Patrizio Partino sta realizzando (attraverso un crowdfunding) per raccontare l’impegno politico del grande attore, scomparso nel ’94…
“Sono un militante del partito comunista italiano e non ho altro da dichiarare”. Era il 1975 e nessuno si sarebbe immaginato che il “compagno Emilio” de Il sospetto, col volto intenso di Gian Maria Volontè, sarebbe diventato un’icona di quegli anni.
Anche se a guardar bene, icona il suo interprete lo era già. Icona di militanza politica e artistica, consacrata da quel commissario “al di sopra di ogni sospetto” che fruttò a Elio Petri un Oscar e alla storia del cinema un sublime e inquietante affresco sul potere autoritario e repressivo, in un’Italia assordata dalle bombe.
Gli anni Settanta erano appena cominciati. Anni non solo di piombo, però, ma anche di conquiste sociali, politiche, culturali, col picco storico del Pci oltre il 33%. Tanto che proprio Il sospetto di Citto Maselli diventò il film su cui “si formarono generazioni di comunisti” e la frase di Volontè rivolta al funzionario dell’Ovra fascista che gli offriva di farsi spia per salvarsi la pelle, una sorta di “tormentone” di quella stagione carica di speranze, ma poi finita sotto il peso dalla lotta armata.
Ecco, sarà più o meno questa la cornice di Dimenticata militanza. Un ritratto politico di Gian Maria Volontè, il documentario che Patrizio Partino sta realizzando a partire da un suo corto vincitore del premio Zavattini dell’Aamod e da una raccolta in rete, un crowdfunding (qui per partecipare) arrivato già a buon fine.
Un documentario che in tempi come i nostri, di disumana indifferenza, si pone al contrario l’obiettivo di riportare in primo piano il Volontè politico e militante, “quel suo esporsi senza cercare di mediare le proprie posizioni, talvolta estreme e da vero outsider”.
Non diversamente, infatti, ce lo racconta Citto Maselli, tra i principali testimoni che saranno presenti coi loro ricordi nel documentario. “Il rapporto di Gian Maria col Partito comunista – dice il regista di Lettera aperta – è sempre stato complesso. Nonostante fosse iscritto al Pci, infatti, ha sempre avuto un attegiamento polemico. Sentendosi molto legato alla sinistra extraparlamentare”. Tra i testimoni, infatti, figura anche Oreste Scalzone, ex leader di Autonomia Operaia, tra i più noti “esuli parigini” degli anni di piombo che appena dopo la morte dell’attore raccontò di essere fuggito in Francia proprio grazie al passaggio in barca fino alla Corsica, offertogli da Volontè.
Del resto, prosegue Citto, “Gian Maria accettò di lavorare ne Il sospetto, proprio perché gli piacque il suo taglio critico. Svelavamo il Pci nel suo settarismo, le sue spaccature, il clima di sospetto degli anni Venti e Trenta”. È in questo clima che si muove il compagno Emilio, appunto.
Un militante comunista allontanato per le sue critiche e poi riaccolto dal partito che, nel 1934, viene inviato in Italia dalla Centrale parigina per smascherare una spia che sta compromettendo l’operato clandestino del Pci, nel momento dei grandi scioperi nelle fabbriche del Nord. Salvo poi scoprire di essere stato usato come esca dai compagni e, una volta arrestato, rifiutarsi di collaborare con l’Ovra (“Sono un militante del partito comunista italiano italiano e non ho altro da dichiarare”) e accettare il carcere, nonostante il “tradimento” subito.
“Anzi – prosegue Citto – quando con Franco Solinas – lo sceneggiatore, un altro comunista anche lui! – gli abbiamo proposto la parte, temevamo ci dicesse di no. Volontè non era facile da convincere. Si sceglieva ogni ruolo con grande attenzione. Poi però se accettava ci entrava dentro completamente. Non era solo un attore, ma diventava il co-autore”.
Suggerendo persino come impostare le scene. Come quella – prosegue Maselli – “in cui mi suggerì di togliere il dialogo tra lui e Renato Salvatori, quando li vediamo insieme in cucina la sera prima del loro arresto. Quel silenzio rende l’impatto più forte, caricando la scena di presagi da incubo”.
Detto questo, però, conclude Citto Maselli “aveva un carattere infernale. E spesso col regista cercava la lite a tutti i costi. Sempre durante la lavorazione de Il sospetto mi ricordo che trasferendoci da Torino a Cinecittà gli venne assegnato un bel camerino, molto spazioso. Lui venne da me, polemico e mi disse: “Quel camerino è esagerato. Me l’avete dato per farmi sentire un divo?”. Per evitare storie gliene venne assegnato uno più piccolo, ma in breve trovò a ridire anche su quello. Era fatto così, insomma, era più forte di lui”.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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