Due amici, un cane (e un funerale)

In sala dal 21 aprile “Truman, un vero amico è per sempre” di Cesc Gay, “film dell’anno” in Spagna. Un film magnifico tra commedia e dramma, una storia di amicizia e di malattia. Con due interpreti straordinari, Ricardo Darin e Javier Camara. Da non perdere…

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Speriamo funzioni il tam tam degli spettatori. Che poi è l’unico mezzo per vincere la censura del mercato. E sì, perché il film di cui stiamo per dirvi è assolutamente da non perdere, da sostenere, da aiutare nonostante le sole 20 copie che la coraggiosa distribuzione Satine Film, porta in sala dal 21 aprile.

Stiamo parlando di Truman, un vero amico è per sempre di Cesc Gay, il film dell’anno del cinema spagnolo, trionfatore ai Goya. Ossia l’ equivalente dei nostri David che, invece, hanno appena incoronato “film dell’anno” la commedia di corna nell’era degli smartphone di Paolo Genenovese (Perfetti sconosciuti).

Commedia, per carità, è anche Truman (non ci “scandalizziamo” per questo rispetto ai David), ma nel vero senso di “commedia umana”, in cui tragico e comico vanno di pari passo, così come la vita e la morte fanno parte della stessa “avventura”. E di come ciascuno di noi è capace di affrontarle.

Con due interpreti straordinari, Ricardo Darin e Javier Camara, Truman ci mette di fronte al quotidiano di un uomo “sconfitto” da un tumore e dall’arrivo, per l'”estremo saluto”, del suo più caro amico che da anni si è trasferito a vivere in Canada.

Niente di più drammatico a stare al tema. E invece non è così. Perché il racconto, attraverso una scrittura lieve e profondamente umana (la sceneggiatura è dello stesso regista e Tomas Aragay), ci accompagna per mano con ironia e leggerezza nelle esistenze dei due narrate nell’arco di quattro giorni.

All’inizio, semplicemente, due amici che si ritrovano dopo tanta lontananza. Tomas in Canada ha ormai una famiglia e insegna all’Università, Julien è un famoso attore di teatro, argentino, che a Madrid vive da sempre. Una vita da seduttore seriale, la sua, con una ex moglie a cui è ancora legato e un figlio che vive ad Amsterdam e che ora, dopo tanta chemio e nessuna prospettiva, ha deciso di interrompere ogni terapia. E quindi di provare a “sistemare le ultime cose”. A cominciare dal suo cane, il Truman del titolo, a cui deve trovare un nuovo padrone e la cui ricerca fa da contrappunto, malinconicamente comico, a tutto il film.

Ecco dunque i due amici, incontrare i potenziali nuovi padroni del buon vecchio Truman. Impresa difficile, tra l’altro. Perché la gente vuole i “cuccioli”, spiega loro una coppia di russe con bambino. Truman, invece, come il suo padrone “puzza di morte” e alla gente non piace. O imbarazza. Non c’è commiserazione, però, nel racconto. Nè nei dialoghi essenziali e liberi da qualsiasi retorica. Ma anzi e soprattutto c’è ironia, a tratti pungente. Come all’arrivo dei due nell’agenzia di pompe funebri in cui Julien si informa sui costi di bara e funerale, davanti all’incredulità dell’impiegato.

Oppure, ancora, c’è commozione e dolcezza, nell’incontro col figlio di Julien e della sua fidanzata che, i due amici, vanno a trovare ad Amsterdan con un volo di andata e ritorno in giornata. E, infine, soprattutto c’è l’amicizia, quella capace di riempire la vita, a cui affidarti e poter chiedere di accompagnarti anche nella decisinione estrema. Perché la morte, del resto, fa parte della vita. E non può essere un tabù.