C’est la vie, dell’eroe quotidiano
Il romanzo David Foenkinos che ha ispirato il film “Les souvenirs” in sala dal 14 aprile. Molto del suo fascino è dovuto alla descrizione del rapporto denso e drammatico tra il giovane protagonista e la nonna “in fuga”. Anche se il libro va ben oltre la loro “avventura”…
C’è qualcosa di squisitamente, inconfondibilmente, intimamente francese nel libro di David Foenkinos L’eroe quotidiano (edizioni e/o, 2013, traduzione di Alberto Bracci Testasecca, titolo originale Les souvenirs, Editions Gallimard 2011), da cui è tratto il film Les souvenirs di Jean-Paul Rouve sugli schermi italiani dal 14 aprile.
La storia, scritta come un’autobiografia, densa di ricordi appunto, è quella di un giovane aspirante scrittore che sbarca il lunario facendo il portiere di notte in un albergo a due stelle. È qui che cerca un’ispirazione che tarda a venire durante le sue notti insonni.
La vita diurna, peraltro, è accompagnata da una serie di eventi drammatici, in parte luttuosi (la morte del nonno), in parte legati alla vecchiaia (la nonna rinchiusa in un ospizio) o alla malattia (la depressione della madre). Da questi eventi, però, che spezzerebbero il cuore a chiunque, e – aggiungiamo pure – scoraggerebbero un lettore in cerca di svago, il protagonista trae linfa vitale per costruire le proprie emozioni e fantasie. Come se tutto, compreso l’eros, fosse legato alla morte, al cimitero, al dolore, ma alla fine la vita imponesse le sue ragioni. Nulla di nuovo d’altronde: siamo dalle parti di eros e thanatos.
Molto del fascino di questo libro è dovuto alla descrizione del rapporto denso e drammatico tra il giovane protagonista e la nonna. Se gli sceneggiatori del film, com’è facile prevedere, avranno lavorato su questa parte (che nel libro è centrale ma non decisiva), ne avranno colto l’anima più profondamente francese. Viene quasi da immaginarsi i volti dei protagonisti – lui una specie di Antoine Doinel, lei una vecchietta arzilla che ricorda la protagonista di Harold e Maude – che interagiscono e dialogano tra loro secondo i canoni del cinema francese, in quelle atmosfere un po’ sospese e stranianti che il doppiaggio italiano accentua senza coglierne mai l’essenza reale.
Eppure il libro va ben oltre quella che si potrebbe definire una complice fuga di nonna e nipote. Da questa fuga, che manco a dirlo si conclude drammaticamente, germoglia un’altra storia, una storia d’amore, destinata a seguire ancora strade contorte, un po’ come quelle dei genitori del protagonista, che prima si separano e poi si rimettono insieme.
Lui, che con i genitori ha un rapporto conflittuale e altalenante, annuncia loro l’intenzione di sposarsi proprio il giorno che loro gli annunciano quella di separarsi e, al contrario, annuncia la sua separazione il giorno che i genitori lo informano di essersi riconciliati. Verrebbe da dire: c’est la vie, “un viaggio continuo sulle montagne russe” come lo definisce l’autore.
La vita che fluisce e sempre cammina con la morte al suo fianco, il suo contrario, e che alla fine è motivo di ispirazione per uno che sogna di diventare scrittore, come il protagonista del libro. Il vero Foenkinos, invece, cede a qualche virtuosismo verbale di troppo e a qualche frase che stride come gesso sulla lavagna. Tuttavia supera brillantemente la prova di scrittore maturo, come testimoniano i tre libri pubblicati dopo Les souvenirs, e non privo di un certo talento.
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