Il mondo distopico di LRNZ, che Lucky Red porterà al cinema

Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, tra i protagonisti della nuova realtà del fumetto italiano, parla del suo lavoro. È lui l’autore di “Golem”, il graphic novel che Lucky Red porterà al cinema. Una potente visione, tra 1984, La fuga di Logan e le tante distopie che si sono succedute. “Il fumetto – dice nell’intervista pubblicata su l’Unità nel giugno 2016 – non è necessariamente legato a un bel disegno ma è prima di tutto sequenza”. Come il suo “Golem” in cui si trova da Tarkowsky  a Caravaggio…

Coincidenze… a volte. A pochi metri dall’ex Mattatoio di Testaccio, a Roma, su una parete cieca di un palazzo s’arrampica una stupenda lupa graffita alta trenta metri. E all’ingresso del Mattatoio, sede del Museo Macro, un manifesto mostra un uomo-lupo gigantesco che incombe sui tetti delle case. L’ha disegnato Lorenzo Ceccotti, in arte LRNZ, per l’edizione 2016 di ARF! Festival di storie segni & disegni.

LRNZ (Roma, 1978), con Gipi e Zerocalcare fa parte della «nuova» realtà del fumetto italiano. Il fumetto è al centro del suo lavoro ma al centro del centro c’è il disegno, perché Ceccotti è un fantastico disegnatore, sia che usi matite, pennarelli o tavolette e software grafici.

Tra le tappe della sua formazione c’è l’ISIA (Istituto superiore per le industrie artistiche) e nel suo curriculum il disegno diventa visual design, le illustrazioni si fanno copertine di libri (bellissime quelle per la trilogia di Jeff VanderMeer e per La strana biblioteca, un racconto di Murakami Aruki, editi da Einaudi) e le animazioni entrano nei video. ARF! 2016 ha raccolto in mostra il meglio di questo suo percorso complesso, fatto anche di scarti improvvisi, di innamoramenti per tecniche e stili di rappresentazione e di rapidi abbandoni per passare ad altri tipi di comunicazione, ma con un’assoluta coerenza: il perseguimento della bellezza.

Però i suoi fumetti, da Golem ad Astrogamma (editi da Bao Publishing), non sono soltanto belle figure. «Il fumetto – ci dice Lorenzo Ceccotti – non è necessariamente legato a un bel disegno, è, prima di tutto, sequenza. Prendete un maestro come Charles Schulz e i suoi Peanuts: i segni sono scarni e più si va avanti a leggere le sue strisce, più si fa avanti la tendenza del disegno a sparire. Moebius, un altro grande maestro, usa disegni molto sofisticati ma lo fa per raccontare tante cose in più. I manga giapponesi possiedono una grande intensità visiva ma sempre al servizio del racconto, del ritmo, del tempo, tutti fattori da controllare attraverso l’intensità grafica».

Se aprite Golem o Astrogamma lo stile manga sembra essere la fonte principale del suo tratto e della composizione delle tavole. Ma è soltanto la prima impressione. «Sì, certamente – conferma LRNZ – dentro c’è altro: il cinema di Tarkowsky che ho letteralmente saccheggiato: la faccia di Steno (il protagonista di Golem, ndr) che campeggia in copertina è quella del ragazzino protagonista de L’Infanzia di Ivan…». E poi ci sono influenze classiche, dall’uso di nomi e parole d’origine greca a certi giochi di luci e ombre che fanno pensare a Caravaggio… «Sono influenze e suggestioni endemiche – precisa – come l’arte classica e la mia città, Roma, che costituiscono lo scenario della mia vita quotidiana».

il piccolo Ivan di Tarkowsky

Golem è una potente visione, tra 1984, La fuga di Logan e le tante distopie che si sono succedute. Steno Critone e Rosabella (la citazione di Citizen Kane di Welles è esplicita) sono due ragazzini che «fuggono» alla ricerca di un futuro fuori dalla società in cui vivono, dominata dal consumo, dal mercato e dall’ossessiva presenza di loghi commerciali, dai touch-screen inglobati persino nello specchio del bagno, che la mattina ti obbligano a ordinare il dentifricio che sta finendo.

Sullo sfondo c’è una democrazia dispotica e autoritaria e a combatterla c’è un gruppo di ribelli-terroristi e una nanomacchina (una stampate in 3d capace di creare qualsiasi cosa) che dovrebbe liberare l’uomo dalla schiavitù del denaro ma che scatena crescite incontrollate e un mostruoso Golem distruttore.

Quasi un pamphlet anticapitalista alla Naomi Klein? «Non proprio – risponde LRNZ -. La mia esperienza di designer di prodotto mi ha insegnato a pormi domande sull’impatto che i prodotti hanno sulla società, sulla necessità di un’etica che presieda alla tecnologia, sul riuso contro lo spreco, sull’autoproduzione. Prendete gli smartphone, diventati prodotti usa e getta, rinnovati ogni sei mesi con l’aggiunta di qualche gadget e pixel in più ma con dietro poca, vera innovazione. Spazzatura… penso che i prodotti dovrebbero avere un prezzo proporzionato a quanto costano in termini di rifiuti». Preoccupazioni ecologiche e antitecnologiche… «No – precisa – a me la tecnologia piace ma, ovviamente, bisogna porsi il problema della responsabilità, di saperla fare e di come usarla».

Più che metafore antitecnologiche, allora, i fumetti di LRNZ sono corpi grafici densi di simbologie, ibridi di segni alchemici trasmutati in loghi digitali. I guerriglieri Shorai di Golem, dietro le maschere con simboli cabalistici nascondono visori come quelli di Google, e il Golem che si scatena e porta distruzione allude allo Stato. «È una simbologia semplice – spiega Lorenzo Ceccotti – che ci segue e ci portiamo appresso. In fondo lo Stato lo ereditiamo, lo troviamo alla nostra nascita e ce lo lasciano i nostri genitori. Un gigante di argilla che dovrebbe proteggerci, ma attenti a cancellare la prima lettera della parola emet scritta sulla sua fronte e che vuol dire verità…».

A suo agio tra simboli e loghi LRNZ ha (oltre a un nom de plume che assomiglia al suo codice fiscale) per simbolo una stella a cinque punte mozzata di una delle punte. Perché? «Tra le tecniche di rappresentazione che ho studiato e approfondito – ci spiega – c’è anche la gestalt, la psicologia della percezione, del pattern visivo e della ricerca dell’armonia raggiunta con il completamento delle forme. È la punta che manca che rimanda alla stella completa, è l’omissione che crea il senso. Come succede nel fumetto: è lo spazio bianco tra una vignetta e l’altra che dà il senso alla narrazione».