Il Neruda di Larrain che ha stregato Cannes

In sala dal 13 ottobre (e l’11 al Colosseo di Milano) per Good Films, la vita e le opere del poeta premio Nobel comunista, attraverso uno spiazzante noir, ironico e debordante, passato alla Quinzaine. Con due interpreti straordinari: Luis Gnecco e il fedelissimo Gael Garcia Bernal…

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Visionario, ironico, debordante. Pablo Larrain torna alla Quinzaine des réalisateurs dopo le glorie di No e infiamma di nuovo la platea del festival. E certo che stavolta l’impresa non era per niente facile: raccontare l’immensità di un immenso poeta come Pablo Neruda senza cadere nel solito biopic edificante. O scegliere la strada “sentimentale” alla Michael Radford che ne Il postino, ha trovato ispirazione nel romanzo di Antonio Skarmeta.

Cosa t’inventa allora il geniale cileno di Post Morten e Il club? Un noir fatto di gioco e invenzioni che si trasforma in una sorta di film nel film, o meglio romanzo nel romanzo, “scritto” dallo stesso poeta. Con la potenza espressiva e maliziosa di Luis Gnecco, il Neruda di Larrain, infatti, è un uomo in fuga. Siamo nel ’48, la guerra fredda è arrivata anche in Cile e il presidente Videla – da non confondere col dittatore argentino – , eletto col sostegno dei comunisti, compie il suo voltafaccia poltico e mette fuori legge il partito.

Il senatore Pablo Neruda diventa così il ricercato numero uno, inseguito da un improbabile e patetico poliziotto che sogna di diventare “protagonista” per quell’arresto: uno straordinario Gael Garcia Bernal più simile a un “cattivo” da fumetto che a uno spietato detective del presidente. Comincia così un’ironico gioco al “gatto e il topo” in cui Neruda conduce, lasciando tracce sempre più evidenti del suo passaggio. Le sue poesie e i suoi libri, disseminati ovunque, tracciano il “romanzo” della sua fuga attraverso il Cile, fin sulle vette innevate della Cordigliera delle Ande, condannando il suo inseguitore al perenne ruolo di “personaggio secondario”.

I piani narrativi si stratificano, debordano, attraverso le immagini, magnifiche, e i brani del Canto general, che dicono di tradizioni, natura, sopraffazione e lotta di classe. “Ma quando il comunismo vincerà”,  chiede al poeta una militante povera, nel corso di una delle tante feste goderecce frequentate da Neruda coi suoi compagni artisti e intellettuali, “pure noi diventeremo comunisti come voi?”…

Poesia e politica si intrecciano sullo sfondo vasto della storia. Una nuova tranche della storia del Cile che Larrain non si stanca di narrare. A un tratto spunta anche un certo Pinochet che fa capolino da un campo di prigionieri, aspettando che arrivi la sua ora. L’ora che cancellerà la poesia.