Il poeta e il coattello romano, quasi amici

In sala dall’11 maggio (per 01) “Tutto quello che vuoi”, terzo film da regista di Francesco Bruni, apprezzato sceneggiatore di tanto cinema di Virzì che qui torna ad un confronto generazionale, stavolta tra un anziano poeta e un “coattello” romano. Liberamente ispirato al libro di Cosimo Calamini, “Poco più di niente”. Nonostante l’interpretazione del grande Giuliano Montaldo, però, la storia non decolla…

 

Più o meno è un ritorno a Scialla questa terza regia dello sceneggiatore Francesco Bruni, molto attesa, coccolata mediaticamente (con tanti tifosi sui social) e circondata da molto affetto nei confronti di quell’interprete che è l’architrave stesso del film, nonché di tanto cinema italiano: Giuliano Montaldo.

Al grande regista di Sacco e Vanzetti, che attore lo fu per la prima volta per Lizzani nel lontano 1950 (Achtung banditi!) e recentemente anche per Nanni Moretti, va infatti tutta la simpatia dello spettatore, di fronte al personaggio del vecchio poeta dimenticato, affetto da Alzheimer che si ritrova in compagnia di un giovanissimo e coatto “badante”, col volto – azzeccato – di Adrea Carpenzano.

Una strana coppia da manuale – della commedia – in cui i due personaggi non potrebbero essere più distanti. Elegante, gentile, coltissimo l’anziano poeta (praticamente Montaldo mette in scena se stesso), ignorante, superficiale e sfaccendato il ragazzo. A trasformarli in “quasi amici” una caccia al tesoro sul filo della memoria che li porterà on the road in Toscana sui luoghi della seconda guerra mondiale.

Quest’ultimo è lo spunto narrativo offerto a Bruni, non solo dai ricordi familiari legati a suo padre, ma anche da Poco più di niente (Garzanti), fortunato libro di Cosimo Calamanni, sceneggiatore e suo ex allievo. Un romanzo generazionale che mette in scena lo spaesamento e la precarietà dei trentenni d’oggi, attraverso l’incontro con una donna anziana che torna a casa dopo trent’anni di manicomio e che uno dei quattro giovani – e inconcludenti – protagonisti si troverà ad accudire. Riportando alla luce, come nel film, un “tesoro”, la cui “mappa” è stata lei stessa ad incidere sulle pareti della sua stanza, attraverso brandelli di frasi di vita vissuta e di memoria perduta, come tanti graffiti a rimettere insieme la sua storia e quella di un’epoca.

Se in Scialla a “ritrovarsi” erano un padre e un figlio, qui in Tutto quello che vuoi sono un “nonno” e un “nipote”, con tutto il complesso simbolico che comporta in fatto di memoria, passaggio di testimone fra generazioni e valori da condividere. Quelli giusti, ovviamente. Strada facendo, infatti, incontriamo foto ricordo di Pertini, canti partigiani e pure i giovani “resistenti” del Cinema America occupato di Trastevere.

E poco conta se il giovane “badante” e i suoi amici coatti – nei panni del “cattivo” il figlio dello stesso Bruni, davvero il meno convincente di tutto il cast – nulla sanno di questa storia. Dai e dai qualcosa arriverà anche a loro. Come è stato per il “pusher poeta” di Scialla che risparmia all’ultimo il suo professore perché a scuola gli ha fatto amare la letteratura e la poesia.

C’è tanto già visto, insomma, in questa commedia i cui toni “delicati”non bastano a renderla poetica, come recita invece la social vox di Facebook. Qualche battuta azzeccata qui e là (tipo “ma che malattia è l’Alzheimer, si attacca?”) e qualche perla di saggezza (“le poesie si scrivono quando non riesci più a contenere l’amore”, più o meno) non riescono a rendere vitale un racconto che non arriva mai a decollare, confermando piuttosto i consueti stereotipi rassicuranti del solito cinema italiano.