Addio Kiarostami, il poeta dello sguardo che amava Totò
È scomparso il 4 luglio a Parigi all’età di 76 anni, consumato dalla malattia, il grande autore iraniano consacrato alla ribalta internazionale da “Il sapore della ciliegia”. Le difficoltà imposte dalla censura, la sua ricerca artistica tra poesia e filosofia, e quella volta con Mario Monicelli a parlare di Totò…
“Io faccio film in cui si ride, pensando al pubblico. Lui, invece, è coraggioso, fa un cinema sperimentale e davanti ai suoi film non si sa cosa farà la platea…». «Il pubblico? Normalmente davanti ai miei film dorme per metà».
Botta e risposta tra Mario Monicelli e Abbas Kiarostami nel corso di un pomeriggio estivo pieno di caldo e d’ironia. Era il 2007 e i due grandi autori erano insieme sul palco del Capalbio cinemafestival a raccontare col sorriso la loro appartenenza ad universi artistici apparentemente agli antipodi.
Kiarostami rivelò proprio in quell’occasione il suo amore incontrastato per tutto il cinema del decano della commedia all’italiana, allora 91enne, che di lì a poco avrebbe scelto di andarsene “volando via” da una finestra di ospedale. E ricordò la sua folgorazione da ragazzo per Totò (col quale Monicelli “debuttò” nel ’49): «io che seguivo il cinema spettacolare indiano o americano vedere Totò per la prima volta è stato come ritrovarmi di fronte il mio vicino di casa. Da lì ho capito che i film potevano anche parlare della realtà».
Quanta ne ha raccontata, infatti, di realtà Abbas Kiarostami nei suoi film. Ma sempre con le “armi” della poesia, rivolta a scandagliare l’universo umano. Spesso quello del mondo bambino, protagonista da subito del suo cinema, come nel suo lavoro d’esordio, Il viaggiatore (’74), in cui narra l’ostinazione di un ragazzino deciso a vedere la partita della squadra del cuore, oppure Dov’è la casa del mio amico (’87) in cui torna il piccolo protagonista, stavolta impegnato nell’ardua impresa di restituire il quaderno ad un compagno, illuminando così l’indifferenza degli adulti e un paesaggio di povertà. O il documentario sui bambini sieropositivi dell’Uganda, Abc Africa, girato per le Nazioni Unite.
Nato a Teheran nel 1940 Abbas Kiarostami ha fatto parte della cosiddetta Iranian New Wave, la generazione di registi persiani che sul finire dei Sessanta ha cominciato a farsi sentire varcando i confini nazionali con quel cinema intriso di realtà e poesia, filosofia e politica, ma costretto sempre a fare i conti con la dura censura del paese. La stessa che oggi costringe agli arresti domiciliari Jafar Panahi, imponendogli di girare clandestinamente i suoi film che continuano a vincere i festival internazionali.
Dopo la rivoluzione islamica di Khomeini, nel ’79, Abbas Kiarostami restò in Iran dirigendo circa una quarantina di pellicole. Il suo capolavoro, Il sapore della ciliegia del ’97, lo consacrò internazionalmente con la Palma d’oro a Cannes e un bacio di Catherine Deneuve che gli costò la messa al bando dal suo paese per una settimana. Paese che abbandonò definitivamente, nel 2005, dopo l’elezione di Mahmoud Ahmadinejad.
In quel film, magnifico, l’autore iraniano concentra in qualche modo tutta la sua poetica, non scevra di ironia, raccontando di un uomo deciso a suicidarsi che vaga per le strade di Teheran cercando qualcuno disposto a seppellirlo, salvo tornare sui suoi passi convinto da un anziano che lo riporta al desiderio di vivere, ricordandogli il gusto delle ciliegie.
Attraverso paesaggi rurali o città, spesso esplorate attraverso camera car, dialoghi semplici e poetici e immagini allegoriche, Kiarostami pone alla base della sua ricerca artistica anche l’indagine sul fare cinema, sulla sua etica e sui suoi inganni. Da Close-up (’90) a La vita continua (’92), da Sotto gli ulivi (altra Palma d’oro a Cannes ’94) a Shirin (2008) in cui assistiamo, unicamente, alle emozioni colte in primo piano sul volto delle spettatrici in sala, Kiarostami ci porta in un cinema che è spunto di riflessione e interrogativi nel momento stesso del farsi. Come del resto è la vita. Che lui ha attraversato da poeta, da fotografo, da pittore con l’eleganza semplice dei grandi, schivo e riservato dietro i suoi fantastici occhiali scuri.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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