“Upwelling”, a proposito di Messina. Vite nella burrasca in attesa di futuro
Giovedì 11 gennaio (ore 21) all’Apollo 11 a Roma, “Upwelling – la risalita delle acque profonde” il doc di Pietro Pasquetti e Silvia Jop che, dopo aver collezionato premi per festival, si appresta all’uscita nelle sale. Una città, Messina, devastata dall’antico terremoto e circondata dal suo magico moto ondoso (l’ upwelling, appunto). E i suoi abitanti, persone che si agitano in cerca di futuro. Un film bello e coinvolgente, tra Camus e Jean Vigo…
Bello e coinvolgente Upwelling – la risalita delle acque profonde di Pietro Pasquetti e Silvia Jop.
A proposito di Messina (e, forse, di tante altre città). Con una sinfonia volutamente minima, gli autori ci portano vicino al cuore palpitante della città siciliana, con discrezione, in modo specifico ma anche universale.
Città di mare: tutto può accadere. Come l’essere esposti all’ upwelling: una corrente marina magica e prodigiosa, che riporta le cose a galla, come un refrain, che impedisce di dimenticare, che ci situa in un costante divenire, inevitabile come il moto ondoso: eterno.
Eccone la definizione da dizionario, che introduce il film: “Upwelling: fenomeno idrodinamico indotto dall’azione dei venti e dalla rotazione della terra che si verifica nelle acque oceaniche e in quelle dello Stretto di Messina. Consiste in una visibile risalita in superficie delle acque abissali e dei rari organismi viventi che le abitano”.
Cuori inquieti. La città è il luogo di tutti e di nessuno. Di chi approda, anzitutto. Le voci, di chiunque, ne ricoprono le superfici; spazi aperti, spazi chiusi. Facile arrivare, facile andarsene; ma solo in apparenza. In realtà nessuno spazio chiuso è chiuso quanto una città. Messina sembra l’Orano di Camus ne La peste: entrambi luoghi che assistono a catastrofi immanenti. Il mare sembra un sipario su tutto questo.
Messina è una città che è stata completamente ricostruita a seguito del devastante terremoto e maremoto del 1908 che contò più di centomila morti. “… Messina all’improvviso aveva preso l’aspetto di una burrasca di case”, dice la voce che introduce al film. Colpita da burrasca, ora l’attesa è il sentimento predominante in tutti. L’assenza ne è la conseguenza. Si sa solo di aver diritto ad un riscatto. Ma la catastrofe non se ne è mai andata; la burrasca monta ancora.
Le figure che si muovono nel film sono come scontornate, ritagliate dai loro ambiti, dalle loro relazioni sociali e perfino dai fatti cui partecipano, o che promuovono. I fatti stessi sono quindi addirittura rimossi. Ogni inquadratura è un controcampo di qualcosa che sta succedendo, ma che non vedremo mai. Ma è irrilevante. L’indagine che ci si aspetta “sociale”, diviene subito privata e personale. E non è più indagine, ma osservazione: persone che si agitano in cerca di futuro. Per proprio conto, anche se in collettivi giovanili. Per proprio conto, ma in relazione tra loro, imbrigliati nella stessa rete, per “colpa” del magnetismo di Messina.
Tra i protagonisti, oltre alla città, che come si diceva più che vedere intuiamo per frammenti, ecco un tenace sindaco buddista, Renato Accorinti, sandali e t-shirt come una divisa, con una fede incrollabile nel cambiamento, nell’unicità propria di Messina che le ha fatto superare ogni momento drammatico, poi ancora un giovane uomo distaccato che studia il russo, una ragazza che guida occupazioni di spazi ed affronta una gravidanza con eguale gioia, un cavallo bianco e libero che galoppa in luoghi che sembrano abbandonati quanto gli spazi, il teatro Pinelli, che i giovani occupano per ridare loro un senso, un padre ed un figlio che non potranno mai comunicare per quanto sono diversi tra loro.
Nello straniamento della routine e delle abitudini ataviche, la meraviglia arriva al culmine davanti ad una insolita processione, fatta da enormi navi da crociera, imponenti come palazzi (o come macchine rituali), che vanno guardate dal basso verso l’alto e che però scivolano via. Come le ha portare, il mare se le riporta via. Il passaggio della grande nave apre e chiude il film con evidente circolarità, a sottolineare proprio questo.
La descrizione di città è una sorta di genere ormai nel cinema; con la mente si va dal Jean Vigo di A proposito di Nizza a Berlino – Sinfonia di una grande città di Ruttman, ma anche al meno noto, bellissimo Stramilano (1929) di Corrado D’Errico; in questo, la forza di Upwelling è l’originalità nel racconto, capace di sorprenderci continuamente, sfuggendo proprio a classificazioni, cercando lo stupore da cui, nei due anni trascorsi a Messina a preparare il film, gli autori stessi si sono lasciati travolgere, senza preconcetti, senza tesi precostituite, dosando i loro protagonisti, raccontati con amore ma senza indulgenze.
Upwelling è così: estemporaneo, magico. Riuscito. Come un’onda che ci riporta dopo tanto tempo il messaggio racchiuso in una bottiglia: una felice scoperta.
Proiezioni
11 gennaio Roma (Cinema Apollo 11), 12 gennaio Napoli (AstraDoc), 19 gennaio (21 e 22) Milano (Spazio Oberdan), 25 gennaio Pisa (Cinema Arsenale)
Enzo Lavagnini
Regista, sceneggiatore, produttore e critico cinematografico. Suoi i documentari: "Un uomo fioriva" su Pasolini e "Film/Intervista a Paolo Volponi". Ha collaborato con Istituto Luce, Rai Cultura e Premio Libero Bizzarri. Tra i suoi libri, "Il giovane Fellini" , "La prima Roma di Pasolini". Attualmente dirige l'Archivio Pasolini di Ciampino
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