Amori da mattatoio. Dove il sogno a due diventa rivoluzionario
In sala dal 4 gennaio (per Movies Inspired) “Corpo e anima” della regista ungherese Ildikó Enyedi, Orso d’oro e in corsa per l’Oscar 2018. Un amore tra un uomo e una donna impiegati di un mattatoio. Un sogno a due, ricorrente. Il sogno della libertà che galleggia sopra l’orrore di un sistema economico-sociale avido e ferocemente carnivoro. Un film politico, raffinato, pieno di contrasti e dualismi che ci indica una strada possibile verso il cambiamento collettivo. Da non perdere …
Budapest. Maria viene inviata in un mattatoio industriale come addetta al controllo qualità delle carni. Rigida, severa, asociale quasi autistica; a tratti svagata e bambina, tanto da essere seguita da uno psicologo infantile, suscita la curiosità di Endre, il direttore finanziario, introverso e insicuro, forse anche per via del suo braccio paralizzato.
Ogni giorno si incontrano a mensa: lui col suo gruppetto di colleghi, lei isolata e scostante. Si scrutano da lontano, con diffidenza. A poco a poco, la reciproca ostilità iniziale lascia spazio ad un faticoso e progressivo conoscersi.
La storia, a raccontarla così, appare semplice.
Ma c’è un sogno notturno, ricorrente: due cervi, maschio e femmina, si corteggiano in un bosco innevato. È un sogno a due, una visione separatamente condivisa da Maria ed Endre, ma identica nei tempi e nella forma in cui si manifesta ogni volta. Lo scoprono durante un test psicologico aziendale e da qui tutto inizia a cambiare.
Capita di imbattersi in persone che, pur mai viste, riconosciamo prima ancora di conoscerle, avvertendo un senso di profonda intimità. Ma è solo perché evocano qualcuno o qualcosa di familiare o emergono piuttosto da insondabili strati del sé dove hanno aleggiato indistinte e leggere prima di affiorare alla luce della coscienza?
Come una bolla leggiadra, il sogno della libertà di vivere e amare, galleggia sopra la bruttura di un sistema economico-sociale avido e ferocemente carnivoro, proteggendo la parte nobile dell’ essere perché non venga stritolato tra gli ingranaggi del meccanismo cannibale.
Il confine è un limbo dove tutto può accadere: il cambiamento o la reazione. Si può andare avanti o tornare indietro, rinascere o essere inghiottiti da una realtà che non lascia scampo.
Endre è spesso ripreso dall’esterno, attraverso una finestra a sezioni parallele: esterno verso interno, dentro e fuori dal limite del mondo dove abita e che lo abita, su un tappeto sonoro dove si avvertono interferenze di un livello sull’altro, sogno e reale, respiri lontani. Il corpo dell’anima…
Viene in mente la semiosfera di Lotman, microcosmo dove convivono un centro dominante chiuso e i bordi dinamici confinanti con l’esterno e quindi passibili di scambio con un fuori libero e non ancora strutturato. Ai margini, il coraggio dell’utopia individuale può generare una nuova coscienza.
Maria e Endre hanno ruoli istituzionali ma, resi marginali dalle loro imperfezioni fisiche e caratteriali, si allontanano dal centro identitario a cui ancora appartengono, diventando potenziali forieri di rivoluzione.
Alla spietata carneficina del mattatoio, oppongono lo splendente sogno di libertà.
Non solo una storia d’amore quindi, ma un film politico.
“Il cuore, fiamma vacillante/ Il cuore catturato in spesse nubi di neve/ eppure all’interno dei fiocchi si consumano nel loro volo/ come le fiamme eterne delle luci dell’alba della città”.
A questi versi dell’autrice ungherese Agnes Nemes Nagy, si è ispirata la regista e sceneggiatrice Ildikò Enyedi nel costruire una visione di contemporaneità tutta di durezze, contrasti, dualismi e opposizioni presenti in ogni tratto del reale, ma sempre tesa alla ricerca di una condizione di fluida e sfumata umanità.
Non a caso, la bella fotografia si avvale del trattamento Teal and orange che, esaltando i toni blu e arancione, cielo e terra, opposti nella scala dei colori primari e quindi complementari, tende a creare nella fusione, una dominante visiva, immaginifica e lucente.
Forse i sogni ci possono salvare, liberandoci dall’ angusto limite del corpo e della materia. E l’autonomia nel pensare e sentire, rappresentare una porta verso il cambiamento collettivo.
Elisabetta Pandimiglio
Regista e autrice. Ha scritto, realizzato e diretto numerosi lavori tra finzione e realtà ottenendo riconoscimenti in vari paesi del mondo. Alcuni titoli: "Punti di vista" (1996), "Interferenze", "Cercando Eva", "Sem terra", "A sud del Sud", "Diario Sacher Zappaterra", "Motoboy", "Comizi e quant’altro", "Sogni di cuoio", "Contromano", "Taccone-fuga in salita", "L’incontro", "Mille giorni di Vito", "Più come un artista" (2011), "Sbagliate" (2015), "La cena di Toni", "Scuola calcio".
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“Un uomo solo che guarda il muro è un uomo solo. Ma due uomini che guardano il muro è il principio di un’evasione” diceva Jack Folla. Ecco che il sogno a due diventa rivoluzionario, ecco come in questo film raccontato benissimo da un’ altra regista donna come Elisabetta Pandimiglio, una storia d’amore, di due cuori generosi, indica una soluzione contro un ambiente ostile, un percorso politico con le forme del sentimento.