C’era una volta l’Isotta Fraschini di Saronno. Tra Gadda, natura e nuove traiettorie al Working Title Film Festival
Passato al Working Title Film Festival di Vicenza, “Banzavóis” del videoartista Lorenzo Casali. Sulle tracce del vecchio stabilimento Isotta Fraschini di Saronno dove la natura si riappropria dei suoi spazi. Tra le citazioni di Carlo Emilio Gadda (a partire dal titolo) e le memorie della guerra degli ex operai partigiani, un viaggio fortemente visivo (e sonoro) attraverso le stratificazioni di storie e culture di quella gigantesca area industriale dismessa trent’anni fa e in attesa di una nuova destinazione ….
Inizia con una citazione da La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda letta da Elio De Capitani, che spiega tra l’altro il significato del titolo – una specie di granoturco biancastro della Brianza, in realtà parola inventata dal vulcanico scrittore, poeta (e ingegnere) milanese –, il docufilm Banzavóis di Lorenzo Casali, presentato in anteprima alla settima edizione del Working Title Film Festival (Vicenza 11-16 novembre).
Si fa un po’ di fatica inziale a capire quale sia la direzione intrapresa dal film, che indugia sugli effetti della riappropriazione da parte della natura degli spazi occupati dal vecchio stabilimento Isotta Fraschini di Saronno, dismesso oltre trent’anni fa al termine di una crisi irreversibile.
Si tratta di oltre 120 mila metri quadrati, di cui 65 mila di verde con un bosco di alberi di robinia pressoché intatto, sulla cui destinazione si stanno misurando professionisti e tecnici di architettura rigenerativa. Quando si inizia a pensare a un film di impegno ecologico-ambientalista subentrano le testimonianze, orali, video e fotografiche, di vecchi operai e sindacalisti che negli anni 80 condussero una dura lotta per evitare la chiusura della fabbrica e i licenziamenti.
E poi, ancora, si aggiungono i racconti relativi agli anni ante guerra, quando Isotta Fraschini produceva armi da guerra (comprese alcune parti del famigerato V2, il missile che avrebbe dovuto volgere a favore di Hitler le sorti della Seconda guerra mondiale), motori, locomotive e materiale rotabile.
Interessante il contrasto tra l’immagine glamour del marchio, testimoniata da alcune foto virate in color seppia con donne belle ed eleganti accanto a vecchi modelli d’auto, e i racconti di un vecchio operaio sulla lotta partigiana che coinvolse la quasi totalità delle maestranze, esclusi ovviamente i capi e i proprietari collusi con il fascismo.
Qualche lentezza di troppo non toglie fascino a una storia che decolla decisamente nella seconda parte, grazie anche all’uso di materiale audiovisivo, foto aeree, foto e filmati d’archivio del Gaif (Gruppo anziani Isotta Fraschini), del Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese, della Fondazione Istituto per la storia dell’età contemporanea (Isec), testimonianze orali anche in dialetto stretto (sottotitolate) e servizi dei tg regionali.
Da rimarcare l’uso delle sonorità e dei rumori che, grazie alla sapienza di Vittorio Mazzola, fanno da colonna sonora del film quasi se non più della musica (un po’ martellante a dire il vero).
Il regista quarantaquattrenne Lorenzo Casali – si legge nella biografia – è un artista visuale e filmmaker che lavora prevalentemente in progetti “site-specific”, che prendono spunto “dall’analisi della rete di relazioni, delle stratificazioni culturali, sociali, politiche ed economiche esistenti in un dato luogo”. Insegna documentazione fotografica all’Accademia di Belle Arti di Roma e fotografia all’Accademia Unidee di Biella.
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