Christian, autistico e praticamente un genio
Il tema dell’autismo e della diversità più in generale nel film “The accountant” di Gavin O’Connor che racconta la storia di un contabile molto speciale. Ma anche il rapporto dell’uomo con l’altro sesso e con un padre molto autoritario. La psicoterapeuta Terry Bruno lo consiglia ai nostri lettori anche per fare “terapia in sala”…
The accountant, il contabile, di Gavin O’Connor è in programmazione attualmente nelle sale cinematografiche. Il film è splendidamente interpretato da Ben Affeck ed è sulla diversità e su come i genitori la affrontano. Ben Affleck veste i panni di Christian Wolff, autistico ma geniale con i numeri, tanto da diventare un abile contabile. A dispetto di quello che normalmente si pensa di tali soggetti, la sua diversità lo porterà a raggiungere il successo nella vita e a cercare di risolvere determinate situazioni per il suo senso di giustizia.
Il suo essere autistico viene visto dal padre, un colonnello dell’esercito con conoscenze di psicologia, un punto di debolezza e lo vessa spingendolo ad essere più forte e combattivo, applicando una dura disciplina. Per raggiungere tali obiettivi, il padre portava lui e il fratello in giro per il mondo sottoponendoli ad allenamenti disumani. Gli esiti di tali allenamenti, se da una parte lo hanno indotto a non avere paura e ad affrontare criminali incalliti, dall’altra lo hanno reso ancora più introverso ed esigente attuando ogni sera duri esercizi sul suo corpo.
Christian diventa così esperto nella lotta corpo a corpo e un abile tiratore. Il vero intento di O’Connor è quello di sottolineare l’apatia di Christian Wolff, un problema tipico degli autistici, la sua tendenza a chiudersi in se stesso, a non volersi aprire mai agli altri e a lasciarsi andare solo ascoltando musica rock ad altissimo volume.
Ed è proprio in tale dimensione che riesce a togliersi la maschera del mite e imperturbabile contabile che deve finire sempre il lavoro cominciato. La difficoltà della relazione, particolarmente verso l’altro sesso, vacilla nel momento in cui si trova di fronte Dana, una contabile della Living Robotics, ed insieme affronteranno varie peripezie tanto da scombussolare le proprie abitudini e sicurezze per l’incolumità sua ma soprattutto della ragazza. Tale difficoltà di relazione abbiamo già avuto modo di osservarla nel bellissimo film Beautiful Mind di Ron Howard sulla storia vera del premio Nobel della matematica John Forbes Nash, affetto da schizofrenia.
Attraverso il film, al di là dell’action movie, lo spettatore ha la possibilità di entrare in contatto con un mondo che spesso spaventa in quanto ci si sente impotenti: è il mondo della diversità, di ciò che va al di là delle aspettative che spesso i genitori hanno sui figli, tralasciando l’ascolto e il rispetto di un modo di essere differente.
La paura della diversità porta a compiere errori che lasciano un segno indelebile, paura che però è possibile superare nel momento in cui si riesce a mettere da parte le proprie aspirazioni, e si ama, senza condizioni, quel nuovo essere che prende il nome di “figlio”.
Terry Bruno
Psicologa, Psicoterapeuta, Trainer in Comunicazione e PNL, Presidente EARTH, docente di Psicologia dei gruppi Università Sapienza di Roma
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