Cillian Murphy contro l’ingiustizia passa anche da Roma. È il (nuovo) film sulle Magdalene irlandesi
Passa alla Festa di Roma dopo l’apertura della Berlinale 2024 “Piccole cose come queste” del belga Tim Mielants, sulla storia delle “maggies“, ragazze rese schiave dalle suore nell’Irlanda del Novecento. Un piccolo film fortemente voluto da Cillian Murphy, che lo ha prodotto e interpretato, a partire dal romanzo di Clara Keegan. Manca, però, una visione d’insieme come, invece, ha saputo fare Peter Mullan nel suo potente “Mgdalene” del 2002, primo film che ha denunciato l’orrore dell’istituzione cattolica irlandese. Nei cinema con Teodora dal 28 novembre …
Solo le guerre e i peggiori degli – ismi riducono persone diverse a un nome solo. In Irlanda, in tempi troppo vicini per evitare sconforti, succedeva anche questo. Ragazze con storie complicate e spesso dolorose, tutte riunite in un solo nome, Maggie. La Berlinale 2024 ha aperto con quella storia, scegliendo Small Things Like These – Piccole cose come queste – di Tim Mielants come film d’apertura e in corsa per l’Orso d’oro.
Le Maggies erano le ragazze dei conventi cattolici di Santa Maddalena, dove l’intitolazione svelava già l’intento: “correggere” le ragazze dissolute, come Cristo aveva fatto con Maddalena. Dentro ci finivano ragazze madri e prostitute, ma poteva bastare anche molto meno, persino solo un’avvenenza rischiosa, capace di far sorgere commenti malevoli. Tra le ultime ad averne parlato c’è la scrittrice Clara Keegan ed è dal suo Piccole cose da nulla (in libreria per Einaudi) che il film di Mielants ha tratto spunto.
Sul banco degli imputati, più che le suore, la storia vorrebbe mettere l’indifferenza collettiva, una comunità trincerata in un silenzio-assenso. D’altronde con il lavoro massacrante e non pagato delle ragazze i conventi guadagnavano bene e pagavano meglio, fornivano un servizio di doppia lavanderia, sia letterale che di “pulizia” da quelle persone che la società non voleva vedere. Un po’ retoricamente, il protagonista è l’unico che non riesce a sopportare i soprusi.
Più della retorica è il messaggio a inquietare: l’opposizione nasce dall’esperienza stessa del personaggio, come se saper riconoscere l’ingiustizia fosse possibile solo a chi l’ha vissuta. Il protagonista Billy, infatti, porta il cognome della madre, scampata ai conventi infernali per la clemenza di una donna accogliente. A prestargli voce e volto è Cillian Murphy, vera anima di tutto il film.
C’è chi lo ricorda medico-soldato dell’IRA, appena trentenne, ne Il vento che accarezza l’erba di Ken Loach (la prima delle sue due Palme d’oro). Oggi Murphy recita con la stessa bravura ma ha un’aura diversa, dopo anni sta definitivamente vivendo il suo momento e il suggello potrebbe arrivare a meno di un mese dalla Berlinale, nella cerimonia degli Oscar. Che dalla cresta dell’onda abbia scelto proprio un progetto simile per ripartire, dopo il successo dilagante di Oppenheimer, dice tanto della sua semplicità.
È stato lui a leggere e opzionare i diritti del libro di Keegan, sempre lui nel deserto del New Mexico e tra le bombe di Nolan, a parlarne a Matt Damon, che ha poi scelto di produrlo assieme a Ben Affleck. Persino la scelta meno riuscita, affidare a un belga, Tim Mielants, il racconto di una storia così irlandese, si deve a lui e a Peaky Blinders, la serie amatissima che li vedeva in tandem, uno alla regia e l’altro alla recitazione.
Non è un dettaglio questo della nazionalità. Se Mielants si è affermato come regista capace di raccontare storie culturalmente lontane da lui, qui invece sembra mancare proprio il trasporto di chi si sente coinvolto in prima persona dalla trama. Small Things Like These fa tanto, troppo affidamento sul fatto storico e dimentica un poco le emozioni, chiudendosi avanti e indietro nella memoria di Billy, insonne per via del suo passato.
Sullo stesso tema sensibilità più vicine a quel mondo, come lo scozzese (di madre irlandese) Peter Mullan, avevano saputo colpire nel segno. Magdalene fu Leone d’oro nel 2002 e metteva sul tavolo uno dei cuori della questione: l’integralismo, troppo spesso sbandierato per mascherare una banale xenofobia. Riusciva insomma a fare dell’episodio storico una base per prendere una posizione, anche complessa.
Small Things Like These preferisce appoggiarsi, sul romanzo come sulla storia, oltre che sul cast, dove Murphy a parte va sottolineata una bravissima Emily Watson nei panni della Madre Superiora. Non compie il suo arco, si ferma a metà, come il suo finale volutamente troncato.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.
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