Dibattito sul cinema che verrà. Sì alle piattaforme, ma il “caminetto” della settima arte resta in sala

Dibattito (online) tra addetti ai lavori sul cinema che verrà, nell’ambito del Festival sotto l’Albero, sezione extra del Festival del Cinema Europeo. Al centro del confronto il ruolo della sala, ripensata in termini “curativi”: i cinema dovranno essere valorizzati come luoghi d’incontro polifunzionali, in cui ospitare film, eventi e presentazioni. Come dimostra l’esperienza dei festival, il sostegno delle piattaforme è fondamentale, ma l’obiettivo rimane quello di riportare il pubblico davanti al grande schermo. Insomma, per usare una metafora di Ermanno Olmi, il “caminetto in cui il fuoco deve rimanere sempre acceso” avrà ancora il suo posto d’elezione tra le poltrone dei cinema …


Un caminetto in cui il fuoco deve sempre rimanere acceso. Con questa immagine Ermanno Olmi descriveva il cinema, incoraggiando la comunità di autori e spettatori ad alimentarne la fiamma nei momenti di difficoltà.

La battuta d’arresto che l’emergenza sanitaria ha imposto all’intera filiera cinematografica può allora diventare l’occasione per riunirsi attorno a quel focolare, per confrontarsi sulle prospettive future e fare il punto sugli sforzi compiuti fino ad ora per mantenere vivo il settore. Per questo, l’incontro in diretta streaming su Il cinema che verrà, organizzato l’8 gennaio nell’ambito del Festival sotto l’Albero – rassegna dei film vincitori e dei migliori cortometraggi delle ventuno edizioni del Festival del Cinema Europeo –, non ha preso le forme di una conferenza stampa, ma quelle di un dibattito e di un’assemblea aperta.

Al centro della riflessione – moderata da Laura Delli Colli, presidente del SNGCI – c’è, chiaramente, il tema caldissimo della chiusura dei cinema. “La sala è lo spazio in cui è possibile riannodare il filo emotivo con il pubblico” – dice Luigi Lonigro, Presidente Distributori ANICA -, e così la pensano anche tutti quei registi e produttori che hanno resistito alle vantaggiose offerte delle piattaforme, attendendo il momento in cui sarà possibile tornare sul grande schermo.

Per l’Italia, sarà quindi importante ripartire da “film importanti e attesi”, come Tre piani di Nanni Moretti e Si vive una volta sola di Carlo Verdone, presente al talk, e tra i primi a rimanere “bloccato” dalla pandemia. In questo momento buio, l’attore e regista romano invita gli autori ad andare avanti con la scrittura e con la televisione, raccontando della serie autobiografica targata Amazon alla quale lui stesso sta lavorando,Vita da Carlo. È però il cinema quello che considera “il suo vero lavoro, la sua sfida, il suo inizio importante”, e in quanto tale va protetto e tutelato.

A testimonianza della resistenza del settore, Francesca Cima, presidente dei Produttori Cinematografici ANICA, parla del lavoro sui set, dove le riprese possono proseguire grazie ai rigidi protocolli di sicurezza messi in atto.

Tra le drammatiche conseguenze della pandemia, la depressione ha rivelato il suo carattere di fenomeno collettivo, e non individuale – afferma Mario Lorini, Presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici – : il ruolo della sala e del cinema come aggregazione va dunque ripensato nei termini di “cura”. La sala va valorizzata come luogo d’incontro polifunzionale, in cui ospitare non solo film, ma anche eventi e presentazioni. I giovani – che più degli altri hanno subito l’impatto psicologico della chiusura – devono tornare ad essere i protagonisti in questo cambiamento.

Il desiderio del grande pubblico di tornare al cinema e al suo rituale è stato confermato dall’esperienza estremamente positiva di festival come quello di Torino, che dovendo riconvertirsi rapidamente in un formato digitale, ha comunque riscontrato un larghissimo seguito. “La versione online ha permesso alle nuove cinematografie valorizzate dal nostro festival di raggiungere persone a cui di solito non riusciva ad arrivare – dice il neodirettore Stefano Francia Di Celle –, come la categoria dei docenti e del mondo della scuola, estremamente penalizzato da questa emergenza”.

Lo streaming ha infatti favorito una diffusione capillare dei contenuti, permettendo ai piccoli festival indipendenti o tematici di conquistare una fetta di pubblico normalmente inaccessibile, anche semplicemente per motivi geografici e di spostamento. La sfida delle versioni ibride che molti festival continueranno ad adottare – sostiene Chiara Omero, Presidente dell’Associazione Festival di Cinema Italiani – sarà allora quella di aiutare a formare il pubblico, per poi “traghettarlo” nelle città dove le iniziative “fisicamente” si svolgono.

Ed è questo, forse, l’aspetto potenzialmente più innovativo, del quale fare tesoro negli anni a venire: le piattaforme sono diventate a tutti gli effetti uno strumento per fare cultura cinematografica. Ma uno strumento e un supporto devono rimanere, come la legna che serve ad alimentare il fuoco.

Perché il caminetto attorno al quale gli spettatori continueranno a riunirsi – sembrano concordare tutti i partecipanti all’inconto – avrà ancora il suo posto, ben saldo, tra le poltrone di una sala.