Walter Siti per la prima volta al cinema col “contagio” di Mafia Capitale

Sono in corso a Roma le riprese de “Il contagio”, l’opera seconda di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore Walter Siti. Ancora una storia di periferia per la coppia di registi romani conosciuti per il folgorante esordio, “Et in terra Pax“, riproposto al Pesaro FilmFest di due anni fa. Dove ci hanno raccontato il nuovo progetto (prodotto da Kimerafilm con Rai Cinema, in collaborazione con Gekon Productions e JPII Holding Ltd)

 

Col procedere dell’inchiesta “Mafia Capitale” hanno avuto un bel lavoro di “aggiornamento” da fare. Ma l’intuizione di Walter Siti, spiazzante già nel 2008, è rimasta tale. “Il contagio sociale, l’osmosi tra periferia e centro, lo spacciatore che diventa palazzinaro e riesce a inserirsi nel sistema di affari della classe dirigente, li aveva già raccontati nel suo romanzo”.

Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, raccontano così il loro nuovo film: Il contagio, appunto, dall’omonimo romanzo dello scrittore Premio Strega per il successivo Resistere non serve a niente, ulteriore analisi di quell’intreccio tra criminalità e finanza,  quel “mondo di mezzo” che proprio “Mafia Capitale” ha svelanto nei suoi più agghiaccianti risvolti. cop.aspx

Classe 1981, romani, Matteo e Daniele sono ospiti dell’edizione 50 + 1 della Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro, che sotto la direzione di Pedro Armocida, ha dedicato una consistente retrospettiva agli esordi italiani dal 2010 al 2015. Con prestigiosa pubblicazione per Marsilio, come da tradizione del Festival. Tra gli esordi un posto di risalto ha infatti Et in terra Pax, folgorante opera prima della coppia di registi, cresciuti a “Roma Sud” – “ormai”, commentano scherzando “c’è un leghismo anche cittadino” –  e amici fin dalle elementari, scoperti a Venezia nel 2011 con questo film “post-pasoliniano” sulla violenza delle periferie romane – Corviale, in questo caso -, prodotto dai coraggiosi Gianluca Arcopinto e Simone Isola.

L’approdo a Il contagio, dunque, per i due autori che amano “le storie forti” è una sorta di passo successivo, di approfondimento dello sguardo su una realtà già nota. E che avevano nel cassetto da tempo, da quando Nuccio Siano ha portato il romanzo sulle tavole del teatro, pensando lui stesso di portarlo al cinema. “Le cose sono andate poi diversamente – spiegano Matteo e Daniele – ed abbiamo deciso di girare noi il film, sempre col sostegno di Gianluca Arcopinto e Simona Isola, attraverso i quali abbiamo avuto da Raicinema lo sviluppo per scrivere la sceneggiatura”.  Stesa insieme a Nuccio Siano, ma anche col confronto diretto dello stesso Walter Siti che, confermano i registi, “ci ha lasciato mano libera”.

Il contagio narra a distanza di cinquant’anni, la mutazione “genetica” della leggendaria “vitalità” delle periferie di Pasolini, coi suo Ragazzi di vita. Come si sia trasformata antropologicamente e socialmente in una “indifferenziata poltiglia urbana”. In cui Walter Siti evidenzia la totale assenza di salvezza, “perché mentre le borgate si stanno adeguando ai valori borghesi, la borghesia assume le caratteristiche della borgata: legge della giungla, sogni di lusso impossibile, diffidenza reciproca, assenza di futuro”.

Sul testo Matteo e Daniele hanno lavorato a lungo, raccontano. “Approfondendo certi personaggi e limandone altri”. Dal professore al “palestrato, escort e gay, ma sposato e con famiglia. Siti si concentra molto su di lui – spiegano -. La sua fisicità esplosiva diventa per il professore, intellettuale e borghese, una spinta agli istinti sessuali primordiali”.

Il linguaggio, poi. “È stata una bella fatica – dicono – lavorare sui dialoghi per reinventare la lingua di Siti che è a brandelli, frammentaria…ma che abbiamo mantenuto nel sua forza di lingua parlata, anche volgare”.

Tanto hanno puntato, poi, sulla “bipartitura tra periferia di Roma e centro che abbiamo accentuato ancor di più”. E tanto “sul contagio clturale e sociale.  I borgatari che aspirano al potere e il potere che non può fare a meno di loro. Seguendo quell’appiattimento e quell’omologazione culturale che Pasolini aveva profetizzato con l’avvento della tv”. I personaggi di Siti, infatti, sembrano usciti tutti dagli infiniti reality del piccolo schermo, dagli Amici della De Filippi. “Una realtà ricostruita per la tv – aggiungono – , rappresentata, che diventa a sua volta l’unica realtà con cui si confrontano i giovani, soprattutto, abituati a nutrirsi attraverso la rete”.

In questo senso, concludono Matteo e Daniele, Il contagio sarà un film “politico”, come il precedente. “Perché mostriamo la realtà così com’è, così come è morta la politica, quello che è accaduto al nostro paese e non solo a causa della crisi. Ormai c’è una paura talmente diffusa che se non ti pagano lo stipendio da cassiere al supermercato neanche incroci le braccia temendo che ti buttino fuori… Noi siamo convinti che una strada possibile sia la cultura, come strumento per modificare in meglio il mondo”. E questo fanno con il loro cinema, indipendente e non allineato.