“Drømmeland”, via dalla pazza folla, immersi nella natura ma con lo smartphone in tasca

“Drømmeland” di Joost van der Wiel, presentato al Working Title Film Festival di Vicenza. La storia di Niels, sessant’anni, che lascia la società e si rifugia nelle montagne norvegesi: però si porta dietro il telefono cellulare… Così il documentario del giovane regista olandese rispecchia una delle tante contraddizione del presente …

Un uomo lascia la società e fugge nella natura. Con il suo cavallo. Da solo, ma non esattamente: si porta dietro lo smartphone. C’è una premessa semplice quanto spiazzante alla base di Drømmeland, il film del giovane regista olandese Joost van der Wiel (classe 1983), presentato venerdì 4 ottobre al Working Title Film Festival di Vicenza, il festival sul cinema del lavoro.

Il documentario è la storia di Niels Leidal. Siamo a Oslo, Norvegia. L’uomo, sessantenne, fa una dichiarazione video su YouTube: “Non posso più reprimere la mia coscienza e accettare le bugie e gli abusi dei governi, delle banche e delle aziende”. In polemica con la società compie il suo gesto di rottura: rifiuta ogni forma di giurisdizione, riconosce solo le leggi della natura. Così Niels esce dal contesto urbano e si posiziona sulle montagne norvegesi, in una piccola baita con la sola compagnia del suo cavallo.

Ma già nell’incipit c’è qualcosa che non torna: sull’inquadratura dall’alto della città notturna, infatti, compare il login di Facebook, Niels inserisce nome e password e si connette al social network. L’uomo si muove a cavallo nella natura, caccia e pesca, mangia ciò che ha ottenuto, vive senza luce artificiale e legge a lume di candela: allo stesso tempo maneggia ripetutamente il suo smartphone per usare Messenger, Facebook, WhatsApp.

Si tiene in contatto con la famiglia ma anche con gli amici, fa un post e scorre i commenti. Cosa stiamo vedendo? Semplice: un Into The Wild sformato, difettoso e quindi impossibile. Il suo non è un ritorno allo stato di natura perché il “peccato” del telefonino, di fatto, lo sfiducia. La figura di Niels ci dice che rinunciare allo smartphone, oggi, è impensabile: non si esce dalla rete, l’iper-connessione è già totalizzante.

Joost van der Wiel segue il protagonista nella sua quotidianità: egli coltiva la natura nei suoi doni e nelle asperità, come l’inverno norvegese che rende l’ambiente innevato e inospitale. Anche così si districa, si procura paglia da bruciare, affronta la tragedia della morte accidentale del cavallo. Quando Niels viene interpellato sulla scelta dello smartphone, lui risponde: “Ho una donna a 350 miglia da qui”. Ma in realtà non si limita a comunicare con lei, fa anche altro: scorre la bacheca, si dà allo scroll come noi tutti.

Ecco allora affacciarsi un interrogativo sull’essenza stessa della Drømmeland, ovvero la terra dei sogni. Cos’è veramente? L’antagonismo di un ritorno all’origine – seppure incompleto – oppure vivere tra le montagne ma restando sempre connesso? Non c’è soluzione esplicita, la risposta va cercata sullo schermo.

Tra i titoli di punta del Working Title Film Festival 2019, i 73 minuti di Drømmeland descrivono una contraddizione che si fa specchio del presente: nell’ultima inquadratura Niels fa il bagno in una vasca sulla sponda del fiume, immerso nell’ambiente, ma poco dopo – lo sappiamo – controllerà il suo telefonino.