“Ferrante Fever”, itinerario doc nell’opera di una scrittrice geniale
In sala il 2-3-4 ottobre (per QMI Stardust) “Ferrante Fever”, il documentario di Giacomo Durzi dedicato alla celebre e sconosciuta scrittrice napoletana che dell’anonimato ne ha fatto “un’opera miracolosa”. Un viaggio che dai vicoli di Napoli porta fino a New York, attraverso i racconti dei suoi fan d’eccezione: Elisabeth Strout, Jonathan Franzen, Roberto Saviano…
Ferrante Fever. L’idea di pubblicizzare in libreria con questa scritta cangiante, ipercolorata i romanzi di una scrittrice napoletana, sconosciuta, che del rifiuto di ogni forma di auto-promozione ha fatto cocciutamente il suo stile di vita, è venuta a New York a un giovanotto.
E l’ha trovata così azzeccata Giacomo Durzi che è proprio così che ha voluto chiamare il documentario che ha diretto e scritto con Laura Buffoni su Elena Ferrante.
Già, perché il successo a N.Y. della sua tetralogia, partito in quarta nel 2013 con L’amica geniale, grazie anche alla più che positiva recensione del critico James Wood su The New Yorker, si è diffuso con la rapidità di un’epidemia. Un successo strabiliante che ha portato veloce la sua opera in 48 paesi tra i quali in 6 è in assoluto la prima in classifica. E tre anni fa la rivista Foreign Policy ha inserito questa signora che sui media non si è mai esibita tra le cento personalità e pensatori più influenti del mondo.
Inserimento forse un po’ esagerato (anche se non conosciamo con chi fosse in compagnia) ma graditissimo riscatto per tipi da riserva, allergici al disgustoso narcisismo che, coltivato dai media come concime infallibile, ha trasformato in pura merce pirla e non pirla di ogni genere.
Scrittori compresi.
Successo che, in italia, si perdona a fatica (come non manca di ricordarci Durzi, citando Enzo Ferrari), che ha scatenato una sguaiata caccia all’identità dell’autrice riottosa frugando pure tra i conti correnti dei sospetti per riscontrare lievitazioni improvvise di denaro.
Strada snobbata in partenza dagli autori del documentario che, tra i convinti fan d.o.c. intervistati, del peso letterario di Elisabeth Strout o Jonathan Franzen, forse proprio per evitare sospetti di scivolare nel gossip, non hanno neanche incluso Sandra Ozzola e Sandro Ferri, i coraggiosi editori di e/o che, oltre ad aver intuito il potenziale dell’autrice, hanno anche accettato fin dall’inizio, nel 1991, epoca de L’amore molesto, il testardo e, visti i tempi, “bizzarro” dictat della neo pubblicanda: “Non parteciperò a dibattiti e convegni, se mi inviteranno. Non andrò a ritirare premi, se me ne vorranno dare. Non promuoverò il libro mai, soprattutto in televisione, né in Italia né eventualmente all’estero”.
“Credo che alle radici, oltre ai tratti caratteriali, ci sia un desiderio un po’ nevrotico di intangibilità”, riconosceva introspettiva nel ’95, rispondendo più che sincera alle domande di Goffredo Fofi, senza però spedire poi la lettera. “Desidero poter pensare che, se il mio libro entra nel circuito delle merci, niente sia in grado di obbligarmi a fare il suo stesso percorso”. “Quando il libro è finito, è come se si fosse stati frugati con eccessiva intimità e non si desidera altro che riguadagnare distanza, ritornare integri”.
È stata subito chiarissima, e forse anche preveggente, Elena Ferrante. E quanto pensa e ha scritto in proposito possiamo leggerlo ne La Frantumaglia, termine con cui la madre esprimeva il suo malessere che ha dato il titolo al bellissimo saggio edito da e/o nel 2003 – letto a tratti in Ferrante Fever da Anna Bonaiuto, corpo, e voce narrante dell’autrice, reso con un’animazione graficamente misterioso e sfuggente – che riporta il carteggio con la sua casa editrice; tra lei e Mario Martone in fase di preparazione de L’amore molesto, poi riuscitissimo film; ma anche tra lei e i vari giornalisti che le pongono domande scritte a cui risponde, magari senza poi impostare le lettere, aprendosi con spudorata generosità.
“Amo molto quei misteriosissimi volumi d’epoca antica o moderna che non hanno un autore certo ma che hanno avuto e hanno una loro vita intensa. Mi sembrano una sorta di portento notturno, come quando da piccola aspettavo i doni della Befana, andavo a letto agitatissima e la mattina mi svegliavo e i doni c’erano, ma la Befana nessuno l’aveva vista. I miracoli veri sono quelli che nessuno saprà mai chi li ha fatti, che siano piccolissimi miracoli degli spiriti segreti della casa o i grandi miracoli che lasciano veramente a bocca aperta. Mi è rimasta questa voglia infantile di meraviglie piccole o grandi e ci credo ancora”.
“Ed è un’opera miracolosa anche l’anonimato” dice Roberto Saviano in Ferrante Fever, che nel 2015 ha voluto a tutti i costi candidare al Premio Strega il progetto letterario di lungo percorso di questa scrittrice “sapendo che avrebbe creato caos, divisioni”. Premio che invece vincerà con La ferocia Nicola Lagioia, per l’occasione intervistato anche lui con il suo ciuffo eretto, per parlare delle ragioni della “febbre” Ferrante, insieme a Strout, ammiratrice incondizionata della potenza della sua scrittura, o Franzen che il primo libro della tetralogia se l’è comprato per curiosità pensando che gli avrebbe fatto a lungo compagnia e invece se l’è pappato a razzo e così ha fatto poi con gli altri tre e che, nell’intervista, sottolinea anche la genialità di avere scritto finalmente un raro libro sull’amicizia. Ma anche la forza geniale di risparmiarsi col negarsi al peso delle promozioni e soprattutto delle indigeste cene mondane imposte dagli editori.
“Del resto non è vero che le promozione costano? Io sarò l’autrice meno costosa della casa editrice”, scriveva all’epoca de L’amore molesto.
E l’anno dopo, nel 1992, vincerà la VI edizione del Premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante. Unico premio, se non sbaglio, vinto in Italia da l’autrice italiana meno costosa e più redditizia. Non è geniale?
Ferrante Fever prodotto da MALìA con Rai Cinema in collaborazione con Sky Arte, Qmi Sturdast, il 29 in anteprima a NapoliFest, si vedrà al cinema il 2-3-4 ottobre, poi su Sky Arte, Rai e Home video. Qui le info sulle sale.
Dai libri della Ferrante sono stati tratti i film L’amore molesto di Mario Martone; I giorni dell’abbandono di Roberto Faenza ed è in lavorazione una serie tv in 32 puntate sulla tetralogia diretta da Saverio Costanzo. Prevista in Rai per la fine dell’anno prossimo.
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