Festival in digitale? Toronto propone la “terza via” (ma Venezia frena)
Un festival cinematografico “ibrido”, tra un numero limitato di eventi in sala e una più ampia rassegna di titoli trasmessi in digitale: è questa la soluzione di compromesso verso cui si muove il Toronto International Film Festival, la cui nuova edizione dovrebbe svolgersi dal 10 al 20 settembre.
Nell’attuale incertezza sul possibile ritorno a un’almeno parziale normalità per quel periodo, il festival canadese propone insomma una via mediana tra la sua forma tradizionale e il totale trasloco sul web: potrebbe essere una soluzione anche per il Festival di Cannes (la cui edizione del 2020 è stata rimandata), e per la Mostra del Cinema di Venezia?
È ancora presto per dirlo: al momento il cinema francese è compatto nel bocciare l’idea di un’edizione “virtuale” di Cannes 2020, mentre il direttore artistico di Venezia 2020, Alberto Barbera, tuttora impegnato con la selezione per il suo festival (previsto dal 2 al 12 settembre), invita ad aspettare i prossimi sviluppi dell’emergenza sanitaria, ovvero «fine maggio», per decidere.
«Mancano ancora due mesi», ha dichiarato Barbera all’Ansa, «e davanti ci sono tre scenari possibili: quello più pessimistico con la pandemia ancora attiva che ci costringe a prendere un bell’anno sabbatico e mettere questa edizione 2020 tra parentesi. C’è poi lo scenario più ottimista, la pandemia si arresta e tutto torna come prima e, infine, quello intermedio che prevede dei vincoli che ora non possiamo prevedere e con i quali ci dovremo confrontare».
Quest’ultima pare essere la soluzione già abbracciata da Toronto, e che però, secondo Barbera, non sarebbe comunque così facile da esportare in Francia (o importare da noi): «Toronto è un’altra tipologia di festival non paragonabile a Cannes e Venezia».
Nel frattempo, il direttore ribadisce di star continuando a lavorare «esattamente come gli anni scorsi». Auspicando che, una volta passata l’emergenza, si superino presto (per il bene delle sale cinematografiche in difficoltà) «la diffidenza e la paura della gente sempre più abituata a vedere film in streaming»: magari in virtù di una ritrovata «voglia della gente di condividere gli eventi in prima persona», quando (finalmente) si potrà tornare a farlo in sicurezza.
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