Il cinema ritrova il “Manoscritto trovato a Saragozza”
Arriverà nelle sale il 16 novembre, “Agadah” il film di Alberto Rondalli, liberamente ispirato al più enigmatico dei romanzi ottocenteschi, Il Manoscritto trovato a Saragozza di Jean Potocki. Nei panni del protagonista Nahuel Perez Biscayart, attore rivelazione a Cannes 2017 per il ruolo in “120 battiti al minuto” di Robin Campillo. Produce la Ra.Mo SpA di Pino Rabolini, già fondatore di Pomellato che si occuperà anche della distribuzione del film…
Se c’è un romanzo nel romanzo quello è certamente Il Manoscritto trovato a Saragozza di Jean Potocki, nobile polacco, erudito, viaggiatore che con questo suo unico titolo, scritto in francese nei primi dell’800, ha consegnato ai posteri uno degli “enigmi letterari” più affascinanti su cui gli studiosi ancora si “accapigliano”.
Ma andiamo con ordine. Intanto la notizia: il 16 novembre arriverà in sala Agadah, il film di Alberto Rondalli liberamente ispirato al celebre romanzo, già portato al cinema da Wojciech Jerzy Has nel 1964 (nelle foto), uno dei grandi padri del cinema polacco, noto anche per La clessidra (’72), perla surrealista ispirata ai racconti di Bruno Schulz.
Formatosi con Ermanno Olmi, Eugenio Barba e Krysztof Kieslowski, Alberto Rondalli è attivo da sempre tra cinema e teatro. Per Raiuno ha firmato un Padre Pio e sul grande schermo di recente, con Il derviscio, ha raccontato – dettagliatamente – contraddizioni e fascinazioni del misticismo islamico.
Non stupisce quindi il suo interesse per il romanzo del conte polacco che è una sorta di “decamerone nero”, di Mille e una notte, di scatole cinesi, da cui nascono e s’intrecciano storie di fantasmi, di zingari e banditi, forche e cannibali, amori scambrosi che vive il giovane soldato Alfonso van Worden, insieme ai suoi compagni di viaggio.
Tutte le categorie dell'”orrido” romantico, insomma, che in questo caso, però si distaccano dal decorativismo esteriore per raggiungere le suggestioni dei grandi simboli indecifrabili. A lasciare intendere il credo illuminista dello stesso scrittore, appartenente all’alta società cosmopolita della fine del Settecento, di casa in tutte le capitali d’Europa, legato ad ambienti giacobini e poi consigliere privato dello zar Alessandro I che, nella stesura di questa sua unica opera, ha impiegato gli ultimi dodici anni della sua vita, fino al suicidio avvenuto nel 1815.
Alberto Rondalli nel film sceglie di contenere l’azione nel maggio 1734. All’indomani della Battaglia di Bitonto, che portò definitivamente il Regno di Napoli sotto il dominio di Carlo di Borbone, troviamo il protagonista, Alfonso di Van Worden (col volto di Nahuel Perez Biscayart), guardia Vallone al servizio di Re Carlo, ricevere l’ordine di andare a Napoli nel più breve tempo possibile. Nonostante Lopez, suo fido servitore, cerchi di dissuaderlo dall’attraversare l’altopiano murgese, perché infestato da spettri e demoni, Alfonso si metterà ugualmente in cammino.
In un intreccio fantastico, tra sogno e realtà, raccontato attraverso storie incatenate fra loro, Alfonso farà il suo lungo percorso iniziatico che lo porterà tra allucinazioni e magia in caverne misteriose, locande malfamate e apparizioni diaboliche.
Agadah è stato girato tra le Puglie, la Basilicata, Roma e Bergamo. Nel cast, internazionale, Nahuel Perez Biscayart nei panni del protagonista, Pilar Lopez de Ayala, Alessio Boni, Caterina Murino, Jordi Mollà, Alessandro Haber, Flavio Bucci, Ivan Franek, Valentina Cervi, Riccardo Bocci, Umberto Orsini. Alberto Rondalli firma il soggetto, la sceneggiatura e la regia. Il Film è prodotto da RA.MO. s.p.a. di Pino Rabolini, già fondatore di Pomellato che si occuperà anche della distribuzione in sala del film, coadiuvato da Ernesto Grassi.
Il film, dunque, sarà l’occasione, volendo, di tornare alla lettura di questo capolavoro indiscusso della letteratura europea, che ha avuto peripezie tra le più singolari. Smembrato e poi disperso alla morte di Jean Potocki, si deve la sua riscoperta all’intevento successivo di due critici. Prima Roger Caillois che, alla fine degli anni ’50, pubblica in Francia una prima edizione frammentaria, tradotta in Italia da Adelphi. Con tanto di prefazione in cui si racconta la complessa genesi del testo: una storia di manoscritti smarriti, di pubblicazioni parziali a Pietroburgo e a Parigi, di plagi successivi (in cui troviamo implicati anche alcuni nomi illustri, come quelli di Charles Nodier e di Washington Irving) che mettono capo a un piccolo scandalo tra letterati e a un processo.
E poi l’edizione curata da René Radrizzani del 1989 basata su una traduzione ottocentesca in polacco del testo originario francese andato perduto (in Italia pubblicata da Guanda). Di cui soltanto nel 2002, a seguito di accurati studi di esperti di Potocki si è messa in discussione l’autenticità: ritenendo che si tratti di un falso, rimaneggiato del traduttore polacco Edmund Chojecki che nel 1847, in possesso di alcune parti frammentarie del romanzo, ha creato un’opera del tutto arbitraria rispetto all’originale. Insomma un vero rompicapo.
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