Il Nobel torna donna. Premiata Louise Glück, la sua poesia tra mito e 11 settembre

Louise Glück, poetessa e accademica statunitense, è il Premio Nobel per la Letteratura 2020. Nel 1993 aveva già vinto il Pulitzer per “L’Iris selvaggio“, una delle uniche due raccolte pubblicate in Italia. E tradotte da Massimo Bacigalupo, esponente di punta del cinema underground a cavallo dei ’60/’70. L’Accademia torna a scegliere una donna e, come al solito, spiazza i bookmaker …

Poco dopo l’una dell’8 ottobre, con qualche minuto di ritardo, arriva dall’Accademia Svedese di Stoccolma l’annuncio: il Premio Nobel per la Letteratura 2020 va a Louise Glück, poetessa statunitense, “per la sua inconfondibile voce poetica, che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”. Il nome non è una sorpresa assoluta, da molti anni era stata inserita nella lista delle possibili vincitrici, ma certo non era la favorita di quest’anno.

Di Glück in Italia è stato pubblicato pochissimo, appena due raccolte delle quattordici che ha scritto nel corso degli anni. L’Iris selvatico (che le valse il Pulitzer nel 1993) e Averno, solamente quest’ultimo è ancora disponibile, pubblicato da Dante & Descartes. Alcuni componimenti di Glück sono però inclusi in due antologie, Nuovi poeti americani di Einaudi e West of your cities di minimum fax.

Nata a New York il 22 aprile 1943 da una famiglia di origini ungheresi, Louise Glück ha sempre intriso la sua poesia di costanti riferimenti alla mitologia classica, a cui però sovrappone i drammi umani e storici, dall’anoressia all’11 settembre. Un legame anche con il nostro paese sembra esserci in qualche modo, almeno a giudicare dal titolo di una delle sue opere, Vita nova, evidentemente ispirato alla celeberrima raccolta omonima di Dante.

Mentre un filo rosso che conduce al cinema c’è proprio nella traduzione, in Italia infatti se ne è occupato Massimo Bacigalupo, professore e critico letterario, ma anche e soprattutto regista, tra i nomi di punta del cinema underground anni ’60 e ’70, con Gianfranco Baruchello e Giorgio Turi.

Come d’abitudine, l’Accademia non ha scelto il nome più atteso, quello di Maryse Condé, scrittrice delle Antille francesi, vincitrice nel 2018 del Nuovo Premio dell’Accademia per la Letteratura, creato ad hoc per sopperire alla mancata assegnazione di quell’anno.

Condé era la più accreditata proprio per la bufera che negli ultimi anni ha preso in pieno l’Accademia: prima lo scandalo delle molestie sessuali (che ha fatto saltarel’edizione 2018) e in seguito le polemiche per la maggioranza schiacciante di uomini bianchi nella storia dei vincitori; di cui l’ultimo, Peter Handke, molto criticato per le sue posizioni filo-Miloševic durante il conflitto balcanico. Condé, scrittrice donna e nera, che si è molto spesa per la memoria storica dello schiavismo, sembrava il nome perfetto per mettere d’accordo tutti. Soprattutto nell’anno del Black Lives Matter.

L’Accademia nvece ha scelto un profilo “a metà”, donna sì ma bianca, sedicesima autrice in circa centoventi anni di storia, che per i bookmaker era quotata solo 25 a 1. L’ultima donna a vincere era stata la polacca Olga Tokarczuk, nel 2018, sebbene l’annuncio fosse arrivato solo l’anno successivo. Risalendo all’ultimo statunitense non bisogna andare molto in là: Bob Dylan nel 2016, il Nobel più atipico, anche lui poeta, anche se in senso meno convenzionale. L’ultima vincitrice unicamente votata alla poesia è stata invece la polacca Wisława Szymborska, nel 1996.

L’Italia rimane ferma a Dario Fo, mentre l’unica autrice donna del nostro paese ad essere stata premiata dall’Accademia è Grazia Deledda, nel lontano 1926. Un paradosso non da poco, se si pensa che in quel momento nel nostro paese si consolidava definitivamente la dittatura fascista. Quest’anno tra i candidati c’era anche Giovanna Giordano, ma stando alle regole dell’Accademia dovremo aspettare il 2070 per scoprire se sia stata inserita nella lista ristretta dei papabili.

Intanto l’effetto Nobel si fa già sentire. Su Twitter un vecchio profilo dedicato ai versi di Louise Glück sta trovando un nuovo seguito, nonostante i nove anni di inattività. Con l’auspicio di poter presto leggere la sua intera produzione tradotta in italiano vi proponiamo alcuni suoi versi tratti da Averno:

Sono stata giovane qui. Prendevo
la metropolitana col mio libretto (…)
non sei sola
diceva la poesia,
nel buio del tunnel