La “recherche” del piccolo indiano perduto
In sala dal 22 dicembre (per Eagle Pictures), “Lion, la strada verso casa” di Garth Davis dal romanzo autobiografico di Saroo Brierley, la storia di un bimbo che si perde per le vie di Calcutta, che viene adottato da genitori australiani e che 25 anni dopo partirà alla ricerca della sua fmiglia d’origine. Melodramma a tinte forti, ad alto tasso di commozione…
Sicuramente agli Oscar non passerà inosservato. Anzi, sembra davvero “costruito” per questo Lion, la strada verso casa, sontuosa coproduzione internazionale (Usa, Australia, Gran Bretagna) firmata dal talentuoso regista australiano della mini serie tv, Top of the Lake, Garth Davis.
Gli ingredienti – da Oscar, s’intende – ci sono tutti: una storia edificante a lieto fine. Un protagonista bambino (Sunny Pawar) capace di far commuovere persino i sassi. Una buona dose di denuncia (i bimbi poveri dell’India e la pedofilia). Un tocco di avventura (un viaggio in treno per 1600 kilometri, da Madras a Calcutta) e un cast stellare: Dev Patel, l’attore inglese lanciato da The Millionnaire, Nicole Kidman e Rooney Mara.
Con l’aggiunta del fattore “storia vera” che il protagonista, Saroo Brierley, ha messo giù per iscritto ne La lunga strada per tornare a casa (leggi la recensione di Enzo Lavagnini), romanzo autobiografico volato subito al top delle classifiche di mezzo mondo, grazie alla sua forza e alla capacità di commuovere, ma anche e soprattutto perché il racconto ha dell’incredibile.
E sì, sembra davvero una favola di Natale quella cominciata per Saroo a soli cinque anni e finita, con l’happy end dopo molti dolori, quando ormai 25enne decide di ritrovare la sua vera mamma, nonostante ormai viva in Australia, adottato da una famiglia amorevole (con mamma Nicole Kidman), sia avviato a buoni studi e abbia una bellissima fidanzata (Rooney Mara).
Questa in realtà è la fine della storia. L’inizio – ed è la parte più avvincente del film – ci racconta di un treno sul quale Saroo sale per sbaglio che, dopo due giorni di viaggio lo lascia, completamente perso, in una città che non conosce: Calcutta. Una città tentacolare che, come in ogni favola che si rispetti, gioca il ruolo del mostro cattivo. Bande di bimbi senza casa trasformati in facili prede per i traffici di minori, miseria, fame, indifferenza e orfanatrofi lager in cui gli abusi sui piccoli ospiti sono l’incubo che si fa realtà durante le notti in istituto.
Con sguardo realista, ma senza indugi sulle minacce e la violenza che circondano Saroo, il regista punta al tasso di commozione più alto, “raccontando” ad altezza di bimbo il senso di spaesamento, la paura e la mostruosità degli adulti. Mentre la nostalgia che materializza la sua mamma, povera raccoglitrice di pietre e suo fratello Guddu, puntano dritti al magone e all’uso forzato di fazzoletti.
E via così fino alla seconda parte, decisamente più incerta. Quella dell’arrivo in Australia, della nuova familgia (con aggiunta di un altro fratello adottivo sempre proveniente dall’inferno indiano) e della seconda vita a cui Saroo, ormai un bel giovanotto col volto di Dev Patel, sembra approdare senza alcun turbamento. Almeno finché, improvvisamente, un dolcetto indiano lo riporta “alla ricerca del tempo perduto”, proprio come la madelaine di Proust.
Saroo, insomma, entra in crisi. Si allontana dallo studio, dai genitori e pure dalla fidanzata, deciso a ritrovare ad ogni costo le sue origini, ma soprattutto la sua mamma. Lo vediamo così esaminare su Google Hearth ogni angolo dell’India, affinché ritorni alla sua memoria l’immagine di quella stazione da dove era partito così tanti anni addietro. La sua stanza si riempie di tabulati, foto satellitari, mentre la sua anima si svuota progressivamente della serenità che fin lì aveva guidato il suo quotidiano. L’ l’happy end arriverà in corsa, con sovraccarico di lacrime e straziante ritorno al villaggio d’origine, accompagnato, in chiusura, da immagini di repertorio, girate coi veri protagonisti, a sottolineare l’effetto Carramba che sorpresa!
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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