La tempesta perfetta di Cabiddu
In sala dal primo dicembre (per Microcinema) “La stoffa dei sogni” che Gianfranco Cabiddu ha “tessuto” mettendo insieme due testi: “L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo e la sua traduzione in napoletano de “La tempesta” di Shakespeare. Risultato un piccolo gioiello assolutamente da non perdere…
Il vento non perdona e il mare travolge. Così che la tempesta porta sull’isola, e li confonde insieme, un clan di camorristi e una compagnia di giro. L’isola è l’Asinara – ancora carcere in un tempo sospeso – e i teatranti sono chiamati dal direttore del penitenziario a mettere in scena la Tempesta di Shakespeare, al fine di smascherare i delinquenti attesi lì per scontare le loro condanne.
Basta la premessa per dire dei tanti piani di lettura de La stoffa dei sogni, un piccolo film prezioso come un gioiello che Gianfranco Cabiddu è riuscito a mettere in salvo (insieme alla produzione Paco cinematografica) dalla più vasta tempesta che sta travolgendo con colpi sempre più bassi (vedi la nuova legge Franceschini) il mondo del cinema, della conoscenza, dell’arte. Insomma l’universo culturale tutto, appiattito alle pure logiche di “botteghino”, da considerare oggi più che mai la vera censura.
La riflessione sullo stato dell’arte, o meglio sul difficile rapporto tra arte e potere, del resto, è esplicita già a partire dalla scelta di rifarsi a L’arte della commedia, tra i testi più politici e pirandelliani di Eduardo De Filippo che il regista sardo (insieme agli sceneggiatori Salvatore De Mola ed Ugo Chiti) rilegge liberamente, intrecciandone la sorte (come la trama dei sogni) con l’ancor più celebre commedia shakespeariana (La tempesta), tradotta in napoletano dal grande drammaturgo partenopeo a cui lo stesso Cabiddu, neanche trentenne, ha potuto assistere nella sua edizione radiofonica.
Eduardo e Shakespeare, dunque, sono i due grandi padri, i due capocomici che da dietro le quinte muovono idealmente le fila di questa preziosa storia, raffinata, divertente, lieve. In cui ritroviamo la memoria antica della commedia, nella sua tradizione più nobile, giù giù nel tempo fino a quella dell’arte, sapientemente incarnata dal capocomico Campese, interpretato da un grande Sergio Rubini.
È lui, insieme ai suoi guitti, a doversela vedere col “potere costituito”, il direttore del carcere col volto azzecatissimo di Ennio Fantastichini, che impone loro le tavole di un palcoscenico- prigione, per scovare i camorristi che si nascondono tra i veri attori, mentre sua figlia, fuori secena, sfugge alla sua regia per correre tra le braccia del figlio del boss. A rinnovare l’eterno gioco della messa in scena.
Un po’ come Prospero, il protagonista della Tempesta, Gianfranco Cabiddu regala attimi di vera magia, soprattutto nel richiamo a quel cinema di puro artigianato che riempie la nostra storia. Interpreti tutti straordinariamente in parte (magnifico Renato Carpentieri nei panni del boss, e sempre brava Teresa Saponangelo in quelli della moglie di Campese) e l’ultima apparizione di Luca De Filippo, nelle vesti del capitano che sembra salutarci dalla nave mentre riporta alla libertà la compagnia di artisti.
La stoffa dei sogni sarà in sala per Microcinema dal primo dicembre. Assolutamente da non perdere.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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