La trans della porta accanto. In un doc

È “Nessuno è perfetto”, il doc di Fabiomassimo Lozzi del 2013 di nuovo in tour per l’Italia. Una carrellata di storie raccolte dallo scrittore e poeta Antonio Veneziani che raccontano le vite delle trans italiane degli anni ’70, quando ancora non c’era la legge che riconosceva il cambio di sesso e i travestiti finivano al confino. Storie ordinarie di una lunga battaglia per i diritti, in un film politico e poetico…

La “poesia della vita” ricercata nelle storie personali (e scritta nei suoi tanti libri-inchiesta) da Antonio Veneziani. I volti e le immagini narrati da Fabiomassimo Lozzi. In un titolo: Nessuno è perfetto, documentario con qualche anno d’età (è del 2013) felicemente rimesso in circolo da quelle realtà associative (a Roma l’Apollo 11 o il Kino, per esempio) che rappresentano ormai, l’unica possibile distribuzione per certo cinema indipendente. Ma questa è un’altra storia.

Quella che vogliamo raccontarvi, invece, è quella della “seconda vita”, meritatissima, di questo doc dedicato alle transessuali, o meglio alle “pioniere” italiane che, negli anni Settanta, quando ancora c’era il confino per chi si travestiva, hanno affrontato la lunga battaglia per i diritti che sarebbe poi sfociata nella legge 164 del 1982, per il riconoscimento del cambio di sesso.

In questo senso Nessuno è perfetto è un film politico, oltre che poetico. Capace di storicizzare una lotta di cui ancora poco si conosce, non solo al di là dello steccato Lgbt. E lo fa seguendo il punto di vista dei tanti che hanno scelto di seguire la loro identità femminile, in certi casi fino al cambio di sesso.

Fabiomassimo Lozzi, già “complice” di Antonio Veneziani sul set di Altromondo (viaggio personale attraverso l’omossesualità in Italia), qui raccoglie voci e volti suggeriti ancora una volta dal poeta e scrittore (all’epoca stava scrivendo un libro-inchiesta sui trans), che vediamo mettersi in scena a sua volta, alla stregua di un Virgilio contemporaneo che guida il viaggio attraverso le telefonate alle “testimoni” e raccogliendo anche rifiuti eccellenti, come quello di Dominot, artista en travesti di felliniana memoria che sarebbe scomparso appena l’anno dopo la realizzazione del doc.

Eccole allora davanti alla telecamera le trans che oggi possono raccontare, anche sul filo dell’ironia, la loro giovinezza di ragazzi e ragazzini, in maggioranza di provincia, alle prese con la sessualità e l’amore che, in quegli anni di totale intolleranza, significavano soprattutto umiliazioni e vergogna.

Ecco Giorgiana impiegata statale, con un marito ed un divorzio alle spalle, convinta che il matrimonio possa essere soltanto fra un uomo e una donna. E Andreas, splendidi occhi verdi e lunghi capelli rossi, che vive del suo banco al mercato, raccontare, senza più dolore, di quando ragazzino per tutti era il “frocetto”. O Daniela, escort maritata con un meridionale (irresistibile quando racconta come ha spiegato alla suocera di non poter avere figli) e, ancora, l’attrice e performer brasiliana Leila Pereira Daianis, l’unica davvero politicizzata, che non lesina ironia quando racconta come ai tempi venisse messa in disparte perché straniera.

Sono “le trans della porta accanto” quelle che si raccontano davanti alle telecamere di Lozzi. Persone comuni, con una vita ordinaria, lontane dai furori iconoclasti dei Gay Pride e, come nel caso di Giorgiana, addirittura tradizionaliste. Ed è questa anche e soprattutto la forza del film, perché come recita il titolo rubato all’irresistibile battuta di A qualcuno piace caldo, “nessuno è perfetto”.