“L’amante russo”. Fenomenologia di una dipendenza amorosa dal romanzo di Annie Ernaux al cinema
A breve nelle sale italiane (per Kitchen film) “L’amante russo” della regista libanese Danielle Arbid, adattamento del romanzo di Annie Ernaux, “Passione semplice”. Un “libriccino” (appena 77 pagine) che alla sua uscita nel’91 fece scalpore per il suo timbro eversivo ed erotico e con l’autrice accusata di sottomissione a un uomo. È questo infatti il raporto che lega la protagonista al suo amante, sposato e inafferabile. Magistrale come la regista si immerge nel cuore di un amore irrefrenabile e incandescente …
Arriva in Italia sul grande schermo, distribuito da Kitchen film e diretto dalla libanese Danielle Arbid, il film L’amante russo, titolo italiano dell’originale franco–belga Passion simple, adattamento dell’omonimo testo di Annie Ernaux.
La cineasta si immerge in maniera magistrale nel cuore di un amore irrefrenabile e incandescente che porta una donna sull’orlo della follia: “Da settembre non ho fatto altro che aspettare un uomo: che mi telefonasse, che venisse a casa mia. Lavoravo, andavo al cinema, al supermercato, leggevo, ma il tutto era come sconnesso dalla realtà” spiega al medico mentre gli chiede di prescriverle dei tranquillanti poiché “lui sta ritmando la mia vita, misuro il tempo in sua funzione”.
Si tratta di un percorso all’indietro, di un inventario preciso dei ricordi, degli eventi che hanno portato l’autrice, nonché la protagonista del film, magistralmente interpretata da Laetitia Dosch, astro nascente del cinema francese che ha conquistato a Cannes la Caméra d’Or per Jeune Femme di Léonor Serraille – alla sottomissione assoluta e volontaria di una donna intelligente ed emancipata ai desideri e alle esigenze di un uomo complicato, scorbutico e sfuggente, interpretato dal russo Sergei Polunin, stella del balletto e in quanto tale, per la sua perfetta conoscenza del corpo, ha interpretato le scene di sesso in maniera non banale.
Pur se presentato in piena era di #MeToo, la critica del Festival di Cannes dello scorso anno lo ha non poco applaudito, riconoscendone l’altissimo livello, anche per la capacità di raccontare nel dettaglio la “banalità” della passione, con i suoi momenti sublimi e il logorio dell’attesa, da cui risulta un formidabile ritratto di donna in preda al proprio desiderio.
È difficile dare una definizione del libriccino Passione semplice (tradotto da Rizzoli nel 1992 e in tutta Europa, nonché negli Stati Uniti e in Giappone, e venduto a più di 200.000 copie): 77 pagine, audaci nella forma ma in qualche modo disorientanti nel contenuto: autobiografia, diario, documentario? Non importa.
Fatto sta che l’autrice sembra osservare se stessa come un oggetto bizzarro, da cui prende le distanze e cerca di comprendere la creatura misteriosa che è una donna sottomessa alla passione carnale, con l’attesa imperiosa, insaziabile, l’altalenarsi delle emozioni, l’intensità di ogni minimo dettaglio, la devozione quasi feticistica. Fece scalpore quando apparve nel 1991, per il suo timbro eversivo e il tono destabilizzante ma soprattutto erotico e con l’autrice accusata di sottomissione a un uomo.
Divorziata, madre e docente universitaria, la protagonista Hélène ha una relazione con Alexandre, un diplomatico russo sposato in missione a Parigi. Nel romanzo il denominato semplicemente A. , è invece un uomo d’affari vagamente proveniente da un Paese dell’Est. Poco si sa di quest’uomo enigmatico e taciturno, forse una spia, – “cosa fai in ambasciata se non sei una spia? Perché hai i tatuaggi? Lei gli chiede senza ottenere risposta – incontrato per caso davanti a un hotel, che scatena la passione e che decide quando potranno vedersi, sempre a casa di lei, in periferia, proibendole di contattarlo.
Una passione a senso unico in cui la donna–amante attende e l’uomo dispone. Tuttavia lui non sfugge alla lente sociologica della donna che non manca di deplorarne i gusti “popolari” per la tv commerciale o ancora il bisogno di esibire le automobili di grossa cilindrata con cui percorre a tutta velocità le strade di Parigi.
Lei si sente utilizzata per pochi momenti effimeri di piacere fisico, privo di tenerezza, di affetto e soprattutto di amore, e poi viene lasciata alla sua solitudine. Nell’assoluta dipendenza dell’essere amato, tutto il suo quotidiano gira intorno all’attesa dell’incontro, avvolto dall’eccitazione e dall’impazienza; ma, non appena l’amante è presente, inizia per lei un crudele conto alla rovescia, prima di vederlo andare via: “Ho ‘misurato’ il tempo in maniera diversa, con tutto il mio corpo. Ho scoperto ciò di cui si può essere capaci, ovvero di tutto. Desideri sublimi o mortali, assenza di dignità, credenze e comportamenti che mi apparivano insensati negli altri finché non è capitato a me. A sua insaputa, A. mi ha riconnessa con il mondo”.
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