“Le ereditiere”, ritratto di borghesia al femminile (morente). Nel Paraguay del silenzio
In sala dal 18 ottobre (per Lucky Red), “Le ereditiere” del regista paraguaiano Marcelo Martinessi, premiatissimo all’ultima Berlinale. Un mondo di sole donne della classe media, in cui si muovono le protagoniste, una consumata coppia di lesbiche di mezza età, ora in difficoltà economiche. Una società chiusa e reazionaria dove ad aprire lo spiraglio è il desiderio. Un film originalissimo, con influenze letterarie, da vedere …
Difficilmente si trovano opere prime così mature, forti nel linguaggio e che già dicono di un originale sguardo d’autore. È il caso di Le ereditiere, esordio tardivo di Marcelo Martinessi (ha 45 anni), regista paraguaino che ha fatto il pieno di riconoscimeni all’ultima Berlinale. Intanto l’Orso d’argento grazie alla sua protagonista, la straordinaria Ana Brun, e ancora l’Alfred Bauer per l’innovazione e pure il Fipresci, premio della critica internazionale.
È un film di donne, infatti, Le eriditiere, come del resto suggerisce il titolo. Ed è un mondo di sole donne quello che racconta il regista, confessando un’infanzia vissuta tra zie, sorelle, nonne e vicine di casa. Un mondo che da ragazzino spiava da vicino e che oggi da autore racconta allo stesso modo, spiandolo dalle porte, a fare da cornice, spesso, a inquadrature in ombra e ambienti polverosi e opprimenti, proprio come la casa delle nostre erediterie. Un interno borghese, in decadenza, dove consumano da anni il loro stanco rapporto di coppia Chela e Chiquita, una coppia di fatto, lesbica ma nascosta, le cui origini raccontano di famiglie agiate, oggi però cadute in disgrazia, così che tutto è in vendita, mobili, argenteria, quadri.
I soldi sono finiti e Chiquita, la più vitale della coppia, preoccupata soprattutto di risollevare l’umore della sua depressa compagna, finisce persino in carcere per un debito, mentre Chela per sbarcare il lunario si improvvisa tassista per le ricche signore borghesi del circondario che si runiscono il pomeriggio per le loro partite a carte. Tutto è immobile intorno a loro. Ed è la vita stessa che sembra mancare. Finché Chela un giorno carica sulla sua vecchia Mercedes, per un passaggio, una giovane ed avvenente donna, disinibita ed emancipata, che attraverso il desiderio offrirà alla protagonista l’occasione di riscatto e un finale aperto.
È un durissimo ritratto di borghesia al femminile morente quella delle erediterie. Sulle tracce letterarie di Gabriel Casaccia – confessa lo stesso regista – il più celebre scrittore paraguiano che, negli anni Cinquanta, fece scandalo narrando la realtà sociale del suo paese fuori da ogni retorica. La stessa Chela, senza più un soldo, non sa rinunciare ai suoi piccoli lussi, come la servitù in casa, pur “accotentandosi” della cameriera meno referenziata (non sa scrivere), come le fa notare l’insopportabile vicina divenuta “cliente” della sua auto-taxi.
Una vecchia ingioiellata e grottescamente truccata, immagine stessa di quella borghesia reazionaria che ha garantito per decenni la più feroce dittatura dell’America Latina. In un paese, il Paraguay, isolato e dimenticato, dove appena nel 2012 un altro colpo di stato, passato in totale silenzio in Occidente, ha riportato al governo il potere della corruzione e del traffico di droga, nel cui beneficio diretto vivono le classi sociali più abbienti e di cui fanno parte le donne del film.
Del resto è proprio la caduta in disgrazia delle due protagoniste a fare da motore alla storia, da spiraglio verso il cambiamento per questo mondo di donne imprigionate nelle loro stesse vite di silenzi e paure, senza più passioni o desideri. E che Marcelo Martinessi ritrae con la sensibilità di un vero autore. Sicuramente da tenere d’occhio in futuro.
Gabriella Gallozzi
Giornalista e critica cinematografica. Fondatrice e direttrice di Bookciak Magazine e del premio Bookciak, Azione!. E prima, per 26 anni, a l'Unità.
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