Se Shakespeare è nato a Belfast. Kenneth Branagh autobiografico arriva in sala

In sala dal 24 febbraio (con Universal Pictures) “Belfast” il film apertamente autobiografico dell’intereprete e regista più shakespeariano del nostro presente. Kenneth Branagh torna nella sua città natale per raccontarne, poeticamente, l’infanzia vissuta nel clima di tensione tra protestanti e cattolici. Sette candidature agli Oscar. Passato ad Alice nella città, sezione autonome della Festa di Roma dove ha vinto il premio per la miglior regia …

“Belfast è una città ricca di storie e alla fine degli anni 60 ha attraversato un periodo incredibilmente tumultuoso della sua storia, molto drammatico, a volte violento, che ha coinvolto anche me e la mia famiglia. Mi ci sono voluti cinquant’anni per trovare il modo giusto per raccontarlo, con il tono che volevo”.

Così Kenneth Branagh pochi mesi fa presentava alla Festa di Roma, esattamente ad Alice nella città il film che porta il titolo della sua città natale, da lui prodotto, sceneggiato e diretto: Belfast, fresco di ben sette candidature agli Oscar 2022.

Si tratta allo stesso tempo di una storia familiare e personale, di iniziazione alla vita e di scoperta del mondo con i suoi conflitti e le sue contraddizioni, sullo sfondo della tensione tra protestanti e cattolici che stava incrudendosi proprio in quegli anni.

Siamo per la precisione in quel 1969 che vedeva l’uomo conquistare la luna. Una via di Belfast, dove vivono famiglie della classe operaia magari di religione diversa ma che fino a quel momento hanno convissuto senza problemi, diventa teatro di un odio improvviso sul quale gettano benzina i mestatori di professione.

Branagh tiene a rimarcare il carattere autobiografico del film. Lui tra i maggiori interpreti shakespeariani viventi che da regista ha collezionato numerosi titoli tratti dall’opera del Bardo è proprio nato in queste strade.

E, infatti, in Belfast restituisce con un assai eloquente bianco e nero l’atmosfera del tempo. Ed è chiaramente nel bambino protagonista che lui si identifica, assumendo il punto di vista di una famiglia protestante che – in una visione manichea ma anche nella prospettiva storica che è servita a chiarire almeno in parte le ragioni e i torti – era chiaramente dalla parte sbagliata.

Ma certo non aveva alcunché da rimproverarsi, se non certi peccatucci del padre che costringeva la famiglia a vivere di stenti a causa del vizio del gioco. E se non per la ventura di farsi trascinare in atti vandalici tipo l’assalto a un supermercato.

Ad ogni modo Kenneth Branagh sembra più interessato ai risvolti umani di una vicenda che ha tutti i requisiti per toccare l’anima e i sentimenti di ognuno. Perché c’è il bambino che guarda il mondo capovolgersi attorno a sé, perché c’è l’amore dei genitori messo a dura prova dagli eventi e non solo, perché ci sono i nonni che trasmettono ai bambini i valori più autentici.

Ma soprattutto c’è la poesia che pervade l’intera vicenda. E chi altro poteva accompagnarla con la musica più aderente all’atmosfera del film se non l’irlandesissimo Van Morrison?