Tintin e Mr. West nel paese dei bolscevichi. La propaganda pro e contro la rivoluzione
Come il Mr. West di Kulešov, gioiello del cinema d’avanguardia sovietico, anche Tintin alla sua nascita (nel 1929) si ritrovò nel paese dei soviet. Quasi uno scontro di propagande mediali a distanza: il film a favore della rivoluzione d’ottobre e il fumetto contro. L’occasione di questo divertente confronto proposto da Renato Pallavicini è «Il progetto e le forme di un cinema politico a cento anni dalla rivoluzione d’Ottobre» in corso a Roma fino al 20 ottobre. Vivamente consigliato…
Capelli, barba e baffi incolti, sguardi truci e patibolari, vestiti come straccioni e con in mano minacciose falci e martelli: sono così i terribili bolscevichi nei quali incappa il protagonista del film Le straordinarie avventure di Mr. West nel paese dei Bolscevichi (1924) diretto da Lev Vladimirovič Kulešov, una colonna della cinematografia sovietica, un pioniere della tecnica del montaggio che fece scuola anche al maestro Sergej Michajlovič Ejzenštejn.
Il film, divertentissimo, ha fatto da introduzione alla settimana di convegni, proiezioni, eventi e mostre dal titolo «Il progetto e le forme di un cinema politico a cento anni dalla rivoluzione d’Ottobre» che si svolge a Roma (13-20 novembre) a cura della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, della Fondazione Gramsci (in collaborazione con Casa del Cinema, Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale e Nomas Foundation).
Li vede così, i bolscevichi, l’improvvisato e ingenuo viaggiatore americano Mr. West (nome simbolo per mettere alla berlina l’Occidente), così come li ritraevano le riviste dell’epoca che si porta in valigia nel suo viaggio. E così come li ritrasse Hergé nell’albo d’esordio della sua creatura, Tintin nel paese dei Soviet.
Quasi uno scontro di propagande mediali a distanza: quella a favore della Rivoluzione, nel caso del film del 1924 di Kulešov – peraltro non privo di una buona dose di autoironia – e quella contro la Rivoluzione nel fumetto del 1929 – reportage disegnato, commissionato a Hergé dall’abate Norbert Wallez, direttore de Le Vingtième Siecle, quotidiano cattolico di Bruxelles -.
Ne venne fuori una «pochade antibolscevica» nelle forme di una comica del muto, con inseguimenti, gag e colpi di scena continui. Quasi come nel film di Kulešov che fa il verso al cinema di Hollywood, cinema nel cinema (c’è persino un cowboy pistolero) con qualche tocco di avanguardia. Con i bolscevichi cattivi ma non troppo, grotteschi, piuttosto stupidi – nel film come nel fumetto – che nel finale di Kulešov si riveleranno impostori quali sono, mentre i veri bolscevichi salveranno Mr. West e gli mostreranno il «vero» volto del bolscevismo, convertendolo alle magnifiche sorti e progressive della Rivoluzione d’Ottobre, accompagnate da una delle tante parate festanti dell’Urss.
Tintin, invece, sopravissuto a deragliamenti, naufragi e precipitar d’aerei, scampato a denunce e delazioni alla Gpu (la polizia segreta sovietica) che lo faranno finire in celle nelle quali si consumeranno violenze e torture a suo danno e del fedele cagnolino Milù, non si farà convincere dalla propaganda. E dopo aver visto le interminabili file per il pane, la miseria dell’infanzia abbandonata per le strade, le elezioni truccate e qualche sommario processo proletario – c’è spazio anche per la scoperta di un deposito segreto dove si conserva il tesoro (ovviamente rubato al popolo) di Lenin, Trotzkij e Stalin – alla fine dell’avventura tornerà in treno a Bruxelles.
È noto che l’abate Norbert Wallez, prese l’ultima tavola di Tintin nel paese dei Soviet, nella quale Hergé aveva disegnato una folla festante che accoglieva alla stazione di Bruxelles il ritorno di Tintin e Milù dall’Unione Sovietica, e la trasformò in realtà. Organizzò una messinscena, degna di un’odierna sfilata di cosplayer: noleggiò un treno, vestì un ragazzino-sosia da Tintin, gli mise in braccio un cagnolino identico a Milù e lo fece arrivare davvero alla stazione, non senza aver prima annunciato l’evento sul Petit Vingtième (il supplemento per ragazzi sul quale erano pubblicate le avventure di Tintin). Fu un vero e proprio happening di folla con tanto di striscioni e con grappoli di ragazzi che si attaccavano all’auto che trasportava il sosia del piccolo eroe a fumetti. Un anticipo dei contemporanei «eventi mediatici». In fondo anche quella fu propaganda.
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