Una grande regista ricorda un grande critico
Una lettera di Cecilia Mangini, la signora del documentario, a Callisto Cosulich, scomparso recentemente. Gli anni della Guerra fredda, le battaglie culturali che li hanno uniti e l’attività nei Circoli del Cinema…
Caro Callisto,
ti ricordiamo tutti come un grande operatore culturale, ma di cosa comportasse essere un operatore culturale negli anni della guerra fredda si è persa, credo, la memoria. Ecco perché voglio ricordare quei due momenti che abbiamo attraversato insieme, la scissione del Circolo del Cinema ”Primi piani’ di Firenze nel 1951, il congresso della Ficc a Orvieto nel 1952. Sono gli anni della guerra fredda, secondo i più avvertiti storiografi la Cia spacca in due il Partito Socialista, in tre la Cgil, isola gli intellettuali di sinistra, aggiungo che per sventrare i Circoli del Cinema alla Ficc contrappone l’Uicc, l’Unione Italiana dei Circoli del Cinema che sulla falsariga della reazione estrema si proclama “apolitica e aconfessionale”. A dire il vero, la Ficc non è proprio innocente, da tempo si è allineata alla politica culturale stalinista del Pci e ha imposto i film del realismo socialista indigeribili come Matteo guardiano d’oche e l’opera omnia di Ciaurelj – il suo La caduta di Berlino dopo la morte di Stalin non è stato mai più proiettato in nessun angolo del mondo; ne L’indimenticabile 1919 Lenin in cucina scalda il latte e confabula con Stalin, infervorato non si accorge che il bricco sta per traboccare, Stalin con un balzo spenge il fuoco, salva il latte e raggiunge la vetta del ridicolo sublime.
Voglio dire quello che hai sempre saputo: qualche ragione la Uicc ce l’aveva a speculare sulla rabbia e il disincanto dei circoli Ficc, oltre tutto per accoglierli non deve faticare, ai circoli basta un’assemblea per cambiare associazione.
Nel tentativo di salvare ”Primi Piani” di cui sono socia, la Ficc ti invia a Firenze ad affrontare una situazione senza via d’uscita: è la prima volta che ti incontro, hai un solido senso del reale: sai che “Primi Piani” è cosa persa, l’importante è convincere la minoranza di sinistra a non votare, a uscire in massa dall’assemblea per fondare “Controcampo” e consegnarlo alla Ficc. Chi siamo? Non moltissimi, non tutti stalinisti, tutti determinati a fronteggiare la Dc.
Non mi ricordo se sono stata io a chiederti un lavoro a Roma, anche alla Ficc poveraccia e malandata; forse sei stato tu a offrirmelo quel posto, soldi pochissimi per un lavoro prestigioso, occuparsi della programmazione dei circoli, seguirli, indirizzarli in un addio per sempre al realismo socialista.
Traghettarci in “Controcampo” per te è stato un esercizio di pragmatismo quotidiano. Pochi mesi dopo, al congresso di Orvieto il tuo capolavoro è il salvataggio della Ficc: per rendere innocui gli stalinisti frangar non flectar come Virgilio Tosi, ti allei agli stalinisti flectar non frangar come Ivano Cipriani e Chiffonnette sua moglie, e non ti basta, innovativamente apri a una minoranza trotskista e bordighiana –Lino Del Fra e Sergio Milani– li convochi ad Orvieto, il congresso si riunisce in seduta clandestina e si inabissa in separata sede in assenza di Virgilio Tosi. Preferire la sinistra extraparlamentare ai democristiani o ai loro tirapiedi è stato un atto tuo di lucidissima avanguardia, dopo questa tua apertura a livello culturale arriveranno i film di Vigo e Renoir e Buster Keation ed Eric von Stroheim.
Nella sala del congresso Virgilio Tosi è rimasto solo di fronte ai delegati, per sua scelta, per volontà di non partecipare? Dovremmo provare a domandarglielo. Allora e oggi gli riconosco la fierezza del suo comportamento: per un tempo sterminato che non finisce mai, ci intrattiene parlandoci di Gramsci.
Alla Ficc resto per due anni per me fondamentali: averci lavorato non è stato determinante, è stata invece una legittimazione necessaria per arrivare alla regia di Ignoti alla città, il primo mio documentario.
Tra noi si è stabilito il rapporto di un’amicizia solidissima, in cui frequentarsi non ha un ruolo, i mesi, gli anni, i decenni passano e l’amicizia resta viva, si stagiona e si consolida. Ci incontriamo e ci parliamo come se ci fossimo lasciati ieri. Quando ci telefoniamo ci scambiamo le notizie sui documentari e sui nostri figli. Le nostre affinità sono state alimentate dalla comunanza di un sentire libertario e anarchico. Eppure non ti ho mai parlato di quel dono tuo speciale, saper cogliere il lato segreto e nascosto degli eventi, dei film, dei libri, delle persone, non per stregoneria ma per raziocinio culturale.
Caro Callisto, vorrei dirti che Michel Platini, la star della Juventus, ha detto: Quando l’acrobata cade, entrano i clown. Ora che i nostri tempi difficili, contradditori e intensi sono entrati nel dimenticatoio e sono giunti gli anni… clown no, i clown sono extra-ordinari, chiamiamoli anni pagliaccio, anni guitto, le memorie comuni mi tengono buona compagnia. Purtroppo non mi puoi sentire.
Il ricordo è pubblicato anche su Diari di Cineclub
che dedica questo numero a Callisto Cosulich, l’ammiraglio della critica
Cecilia Mangini
regista, sceneggiatrice, fotografa. Tra le prime donne ad aver raccontato il sommerso della società italiana, attraverso i suoi documentari animati da impegno e passione civile. Gli inizi con Pasolini e poi il lungo sodalizio artistico col compagno di una vita, Lino Del Fra.
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