Il lavoro, il corpo, la libertà. Le donne “tutteacasa” fanno cinema doc, l’8 aprile a Roma

Appuntamento al Cinema Aquila di Roma l’8 aprile con “Tutteacasa” film collettivo realizzato da un collettivo di donne (montatrici, registe, attrici) che a loro volta hanno chiesto alle donne di raccontare il loro lockdown attraverso poche parole chiave: il lavoro, il corpo, la libertà. Non solo un lavoro corale, ma di sfumature, ogni sguardo, ogni battura, ogni inquadratura, porta qualcosa al racconto. E per noi è ancor più commovente vedere tra questi sguardi quello di Kalianti, ragazza guerriera di 90 anni che ci ha lasciati lo scorso gennaio. La proiezione sarà introdotta da un monologo di Antonia Fama …

 

 

Ci hanno messo un anno, dalla prima idea alla messa in onda. Un tempo breve se pensiamo che tutto si è rallentato durante la pandemia

Si chiama Tutteacasa, un’ ora e mezza di immagini da cellulare o ipad dalle attrici/protagoniste elaborate e montate con sapienza dalle 16 donne che incontrandosi sul web hanno dato vita a questo lavoro.

Tutteacasa, con un omaggio al capolavoro di Comencini, a cui fa riferimento nel titolo, si apre con una dedica a Kalianti e ad Alessandra. Una dedica che fa capire quanto ognuna delle 500 donne che hanno collaborato a realizzare questo film (8 mila video selezionati e montati) sia stata importante.

Kalianti era greca, aveva combattuto contro i colonnelli, avevano conosciuto l’amore in fuga dalla dittatura, si era poi stabilita a Roma con la famiglia dove la sua casa era diventata un punto di riferimento per tutti i greci che fuggivano dal feroce regime militare. Anche la sua grazia illumina questo film. “In casa – racconta la figlia Alba che l’aiutava a raccogliere i video, dicevamo che era forgiata nell’acciaio”, ma il suo ricordo più penetrante era il suo meraviglioso sorriso, e quanto si divertiva a registrare quei momenti di vita costretta.

Una piccola, elegante guerriera, come la chiama la figlia Alba. Una donna d’altri tempi, così la ricorda Cristina D’Eredità, regista e montatrice. Nei video alterna le sue specialità in cucina, la lettura dei giornali, i saluti via web col nipotino con qualche osservazione: mi mancano i caffè al bar con gli amici. Detto da lei con i suoi 90 anni, pieni di vita, ha tutto un altro senso. A gennaio Kalianti ci ha lasciato ed è sembrato naturale a tutte dedicare proprio a lei e a Alessandra, un’altra protagonista che non ce l’ha fatta, questo film.

Adesso il film non solo è pronto ma andrà in onda in prima serata, l’8 marzo su La 7d. Ottomila video provenienti da 500 donne per raccontare la pandemia attraverso poche parole chiave: il lavoro, il corpo, la libertà. E quanto ci avevano visto giusto a porre tra le parole chiave quella del lavoro: il mese scorso nell’indifferenza generale i dati Istat hanno messo nero su bianco che la pandemia non ha fatto che approfondire il gender gap: dei 444 mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020 il 70% sono donne.

Il film è uno sberleffo anche a queste brutte cifre. Anche il manifesto e la colonna sonora sono stati autonomamente prodotti. Una moltitudine di sguardi con l’obiettivo, esplicito di interrompere un racconto tutto al maschile. Non che le donne non fossero presenti tra i protagonisti di questa pandemia: ne abbiamo viste tra dottoresse, infermiere, insegnanti, cassiere, a divincolarsi tra riunioni on line e figli, è che alla fine, quando c’è da tirare le somme, il racconto di questo tempo così diverso, è stato fatto nella stragrande maggioranza da uomini.

E invece nel marzo scorso 16 professioniste (montatrici, registe, attrici) si sono incontrare sulla piattaforma mujeres nel cinema, hanno deciso di imbarcarsi in un lavoro a dire poco titanico. Hanno chiesto alle donne delle loro reti, che poi hanno cominciato a crescere e a moltiplicarsi, di registrare alcuni momenti chiave in un video/diario dei mesi del lockdown.

Scorrendo a ritroso la pagina Facebook si possono rivedere i passi avanti, gli incontri, le raccolte di fondi dal basso, gli amici e gli alleati che questa impresa si è creata in quest’anno strano. La casa come luogo dove barricarsi, ricostruire, difendersi, reinventare.

“Lo avevamo pensato con un passo cinematografico – racconta ancora Cristina D’Eredità, – per questo ci siamo subito suddivise in quattro gruppi di lavoro ben organizzati per non rimanere travolte in montaggio dalla quantità di video raccolti”.

Il risultato è un film pieno di momenti delicati e durissimi, di normalità straniata, di inquadrature che su un set difficilmente si sarebbero potute realizzare, d’intimità e gioco. Non solo un lavoro corale, ma di sfumature, ogni sguardo, ogni battura, ogni inquadratura, porta qualcosa al racconto. Ma soprattutto si respira tanta energia femminile di cui c’è proprio tanto bisogno.