Maurizio Nichetti, il cinema funambolico di un mimo. In un libro
In libreria, “Parola al mimo” di Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu (Asylum Press Editor in collaborazione con Imp[O]sible Book) dedicato a Maurizio Nichetti, uno tra gli autori più originali e innovativi del nostro cinema. Dagli esordi con Bozzetto alla stagione da mimo con Quelli di Grock e poi la tv, il cinema, il sorprendente esordio con “Ratataplan”. Un viaggio attraverso l’opera di un poeta che ancora oggi, settantenne, dice di sè: “sono curioso del nuovo come lo sono sempre stato” …
“La vita ogni tanto va anche presa sul serio. Ma se non ci si rende conto che è il gioco la cosa più seria che ci sia, e che il silenzio è l’autentica e più saggia risposta a qualsiasi domanda ci ponga la vita, allora sì, si farebbe meglio a restarsene zitti”.
Inquadrare o definire Maurizio Nichetti o le sue opere? Impossibile. Complicatissimo. Regista, attore, sceneggiatore, produttore, mimo ed insegnante di cinema, un artista versatile e raffinato, definibile, per amore di sintesi, un poeta. Possibile, anzi doveroso, invece, è raccontarne il percorso professionale che ha segnato il cinema nostrano, attraversando gli ultimi cinquant’ anni quasi saltellando, innovando e rinnovandosi continuamente grazie a sperimentazioni avanguardistiche nel tentativo di star dietro a sua volta all’evoluzione del nostro contemporaneo.
Questo l’obiettivo di Parola al mimo di Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu, primo volume della collana Voci di Dentro, edito da Asylum Press Editor e Imp[O]ssible Book.
Una passeggiata nella storia recente dello spettacolo italiano tra racconti e aneddoti, film, riflessioni, vita vissuta, curiosità e immagini di uno dei registi più surreali del nostro cinema, innovatore per natura e precursore dei tempi, capace di scandagliare lucidamente la complessa realtà del nostro paese attraverso la metamorfosi individuale e la ricerca dell’identità pura, libero da ogni condizionamento sociale: dal primo impiego come sceneggiatore per la Bruno Bozzetto Film alla creazione della compagnia di mimi e musici, Quelli di Grock, passando per i corsi di mimo del Piccolo Teatro di Milano, fino all’esordio alla regia con Ratataplan, la collaborazione con Guido Manuli, gli show televisivi Quo Vadiz? e Pista! e quell’intervista a Berlusconi mai andata in onda.
All’interno del volume, oltre a tre saggi tecnici di Christian di Mauro, Emanuele Rauco e Simone Scardecchia un’affascinante intervista al regista milanese (classe 1948), a cura di Claudio Miani, in cui Nichetti, guardandosi indietro, a quarant’anni di distanza dall’uscita di Ratataplan, stralunato racconto di vite precarie, ne analizza il significato: “La disoccupazione giovanile appartiene a tutte le generazioni. L’Ingegner Colombo era un laureato che per vivere faceva il cameriere sulla montagnetta di San Siro. Un tema particolarmente serio che metteva l’accento su un numero sempre maggiore di laureati che alla fine degli anni ’70 non avevano garantito un posto all’altezza del loro titolo di studio. Era il risveglio traumatico di una generazione che dieci anni prima aveva creduto di poter cambiare il mondo, di annullare il consumismo, di salvare la natura… e una nuova generazione ci sta provando ancora oggi!”.
Spiega poi l’inizio dela sua carriera a partire da un corso di mimo, due volte a settimana e l’esigenza di comunicare senza utilizzare necessariamente la parola: “Una riflessione che ho sempre utilizzato con i miei studenti: il mimo non è un muto! Una persona muta non può parlare, un mimo invece non vuole parlare perché riesce a farsi capire anche rimanendo immobile, senza dover aggiungere alcuna parola. La mia lotta con le parole è cominciata subito”.
Un’intervista a 360° che spazia tra tematiche decisamente serie come la satira di Charlie Hebdo (“La satira deve essere dura, diretta e dissacrante, in particolare quando combatte il potere. Ma poi, certo, entrando in campo religioso il discorso cambia, non si può ridere del sacro altrui”) e altre dai contorni leggeri, tipo i commenti alle nuove tendenze musicali: “Sarei un bugiardo se dicessi di essere un ascoltatore della musica trap. Ho avuto la grande fortuna di essere accompagnato dai Beatles, ogni loro uscita era una rivoluzione di comportamenti, di sonorità, di espressioni. Auguro alle generazioni di oggi di ricordarsi tra cinquant’anni dei pezzi Trap con la stessa emozione che possono suscitare ancora Yesterday, Hey Jude, Eleanor Rigby…”.
E a chi gli chiede chi sia diventato oggi Maurizio Nichetti, risponde sincero: “Un curioso del nuovo, come sono sempre stato”.
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