Meravigliosamente Monica. Una (bella) mostra racconta la Vitti
Con “L’avventura” presentato da Daniele Vicari e Antonio Medici – venerdì 6 aprile – prende il via il ciclo di film a corredo della bella mostra romana che celebra Monica Vitti. È “La Dolce Vitti”, una raccolta fotografica e multimediale ideata e organizzata da Istituto Luce Cinecittà, a cura di Nevio De Pascalis, Marco Dionisi, Stefano Stefanutto Rosa, e allestita negli accoglienti spazi del Teatro dei Dioscuri al Quirinale fino al 10 giugno 2018 …

Brava, Monica – Maria Luisa Ceciarelli il suo vero nome, nata a Roma il 3 novembre del 1931 -, a tal punto che non si fa fermare dalle convenzioni familiari (oddio! fare l’attrice…), da una corporatura alta e snella (ai suoi esordi, nei Cinquanta del secolo scorso, andavano le maggiorate) e soprattutto dalla sua voce roca e rugginosa.
A causa della quale, un certificato medico (è tra le chicche esposte nella mostra) sentenzia, tra annotazioni e misurazioni un po’ lombrosiane, che «le sue corde vocali non le consentono gli sforzi di una carriera teatrale». Pare che alla minaccia di suicidio della diciannovenne Maria Luisa – che chiedeva l’ammissione ai corsi dell’Accademia nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico – il medico ritirò il certificato e concesse il «nulla osta» alla futura e luminosa carriera di Monica Vitti che così cambiò il suo nome, prendendone in prestito un pezzo da quello della madre Adele Vittiglia. Donna, Monica, determinata e capace di trasformare un presunto handicap come quello della voce in cifra personale e attoriale; attrice, brava e versatile in grado di giocare alla grande sui due registri drammatico e comico, di scegliere non facendosi imprigionare da una parte o dall’altra.

La mostra romana distribuisce in quattro sale e in settanta fotografie, pescate negli archivi pubblici e privati (a cominciare da quello dell’Istituto Luce), il percorso di Vitti: dagli esordi teatrali alle prime prove cinematografiche, dalla sua consacrazione nel cinema d’autore di Michelangelo Antonioni alla straordinaria popolarità conquistata nella commedia comica e brillante, dalle fortunate apparizioni televisive fino alle convincenti prove di sceneggiatrice e regista dell’ultima parte della sua carriera, a fianco del marito Roberto Russo, prima del ritiro dalla carriera e dalla vita pubblica a causa della malattia.
Eccola così, nel 1954, accanto a Sergio Tofano che per primo ne riconobbe il talento comico; e poi, via via negli anni, assieme a Giorgio Albertazzi e Franco Zeffirelli, con Umberto Orsini, Eduardo De Filippo. Al centro, ovviamente, sta il suo incontro professionale e sentimentale con Antonioni nei quattro film che hanno segnato la sua storia personale e quella del cinema italiano come L’avventura, La notte, L’eclisse, Il deserto rosso, connotandola, in ruoli di donna inquieta e tormentata, quasi l’impersonificazione della «incomunicabilità».
Una «musa» capace, come si è detto, di smettere le vesti drammatiche e poetiche e di indossare i panni della commedia, di rivelare l’altra faccia del suo essere attrice e soprattutto persona, con l’aiuto di registi come Mario Monicelli (La ragazza con la pistola del 1968), accanto ad Alberto Sordi (da Il disco volante di Tinto Brass, del 1964, ad Amore mio aiutami del 1969, fino al fortunatissimo Polvere di stelle del 1973). E poi, tra i Settanta e gli Ottanta, diretta da registi come De Sica, Salce, Comencini, Risi, Magni, Carlo Di Palma e lo Scola dell’indimenticabile Dramma della gelosia (tuttti i particolari in cronaca) del 1970.
Tra postazioni multimediali (la cabina di doppiaggio con i rulli di pellicola de Il Grido, 1957, di Antonioni, film nel quale la Vitti doppiò con quella sua «brutta» voce l’attrice Dorian Gray), tra libroni in realtà aumentata che, a sfogliarli, attivano immagini e parole dell’attrice, oltre le copertine di riviste a lei dedicate (c’è anche quella del popolarissimo settimanale a fumetti Il Monello) la sala finale della mostra al Teatro dei Dioscuri riserva una selezione di fotografie di Monica Vitti accanto a protagonisti dello spettacolo televisivo come Raffaella Carrà e Mara Venier, mentre spezzoni delle sue apparizioni in tv scorrono su uno schermo moltiplicato come in un caleidoscopio.
Tra le foto e le immagini della mostra e del bel catalogo (Edizioni Sabinae e Istituto Luce Cinecittà) ce n’è una, forse meno conosciuta, che la ritrae accanto a Terence Stamp in un film un po’ dimenticato di Joseph Losey del 1966: Modesty Blaise – La bellissima che uccide (vedi qui il trailer). Da ricordare – almeno per chi scrive – per due ragioni. La prima, perché il film è tratto da un celebre fumetto di Peter O’Donnell, inizialmente disegnato da Jim Holdway e apparso come strip quotidiana sul London Evening Standard a partire dal 1963. Protagonista del fumetto è una agente segreto in gonnella (come si diceva un tempo) ma in realtà indossa spesso una tuta nera attillata e impugna una Luger come quella del coevo Agente 007, ovvero James Bond. La seconda ragione è che di lì a due anni, nel 1968, nei panni di un’altra ragazza con la pistola, Monicelli fece girare Monica Vitti per le strade di quella Swingin London che – guarda caso – Michelangelo Antonioni aveva filmato un anno prima nel suo Blow Up. Lì, accanto a David Hemmings, Monica Vitti non c’era ma chissà se avrebbe fatto meglio della pur bravissima Vanessa Redgrave?
Da venerdì 6 aprile, poi, un ciclo di proiezioni dei suoi film. Si comincia con L’avventura, il capolavoro di Antonioni che sarà presentato dal regista Daniele Vicari e da Antonio Medici, coordinatore della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volontè.
Venerdì 13 aprile, poi, sempre alle 20.30 sarà la volta del mitico La ragazza con la pistola di Mario Monicelli, il 20 Dramma della gelosia di Ettore Scola, il 27 Teresa la ladra di Carlo Di Palma, e il 4 maggio Flirt di Roberto Russo.
Tutte le proiezioni, presentate da ospiti speciali, sono a ingresso gratuito con prenotazione. Tel.: 06 86981921
Teatro dei Dioscuri al Quirinale – Via Piacenza 1
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