Emily Dickinson, la passione silenziosamente ribelle della poesia
In sala dal 14 giugno (per Satine Film) “A Quiet Passion” il film di Terence Davies dedicato alla grande poetessa statunitense, Emily Dickinson. Un ritratto d’autore, impressionista, interpretato da una splendida Cynthia Nixon. Passato fuori concorso alla Berlinale del 2016. Da non perdere …
Ingabbiata dai costumi del suo secolo, l’Ottocento, Emily visse una vita di routine, non si sposò mai, partecipò appena alla vita sociale. In casa con padre e madre, fratello e sorella, la giovane è imprigionata nel suo ruolo di donna: tra religiosità rigorosa e vita domestica, il film si apre con la direttrice del collegio che “minaccia” le ragazze non abbastanza devote, con Emily che si ribella e risponde.
Ma è una ribellione “pacata” (Quiet Passion, appunto), Emily assolve al rito domestico e alla formalità dell’esistenza, amando i suoi cari e venendo riamata, preferendo restare nella sua stanza a scrivere versi. Quando le dicono “you have your poetry”, lei risponde: “No, it’s routine”
Terence Davies, autore di Voci lontane… sempre presenti, regista impressionista, scolpisce l’intreccio con la luce: nell’incipit la giovane Emily è davanti alla finestra, trafitta dal sole, a suggerire subito che è baciata da un dono dall’alto. La sua è una commedia grottesca che nasconde una tragedia: le ridicole maschere formali dei personaggi circondano Emily, dai famigliari all’amica e confidente fino agli ottusi religiosi dell’epoca, e la scrittrice deve muoversi “dentro” questi costumi (compreso il suo) che simboleggiano la difficoltà di esprimersi, fare poesia per una donna, per metonimia la lotta di noi tutti per uscire dal ruolo che ci è stato assegnato.
Dopo una magnifica ellissi affidata a una sessione di fotografia (i volti invecchiano mentre vengono immortalati), Davies fa crescere Emily e gradualmente la rende vittima del contesto: avizzisce, assiste alla morte dei suoi cari (la scomparsa di padre e madre è una costante – autobiografica – del cineasta), dunque anche lei si appresta alla fine. La poesia non è per le ragazze, i pochi versi pubblicati vengono sminuiti, ma la pellicola recita le poesie in voce fuori campo, in opposizione ai fatti della sua vita: la grandezza, anche se non riconosciuta, è un dato di fatto.
Il regista di Liverpool inquadra la morte in primo piano, senza sconti: i violenti attacchi epilettici di Emily sono mostrati interamente, con la poetessa che urla e si dibatte, a dire che anche quelli furono veri, esattamente come la routine della sua biografia e il picco della sua scrittura. La mirabile regia ne restituisce miseria e splendore, oltre la formalità dei costumi.
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