Le confessioni di un lettore di Carrisi sul film

In sala dal 26 ottobre (per Medusa), dopo il passaggio tra le pre-aperture della Festa di Roma, “La ragazza nella nebbia”, esordio cinematografico del popolare giallista Donato Carrisi. Lo scrittore dimostra dimestichezza con la macchina cinema, oltre che con quella da scrivere, ma qualcosa si perde rispetto al romanzo. Le riflessioni di un suo lettore doc …

Diciamolo subito, Donato Carrisi ha dimestichezza con la macchina cinema, oltre che con quella da scrivere. Eppure da suo assiduo lettore il film mi è piaciuto ma non mi ha entusiasmato.

È ben girato e gli attori sono ben diretti, funzionano tutti e il cast è davvero notevole: anche nei ruoli di contorno ci sono ottimi interpreti: da Galatea Ranzi a Michela Cescon a Lorenzo Richelmy. Alessio Boni nella sua intervista parla di un rapporto antico con Carrisi, che nella lavorazione del film si è concretizzato in una collaborazione creativa sulle varie sfaccettature del suo personaggio.

Mi immagino che un regista esordiente, per quanto esperto e sicuro della sua sceneggiatura, di fronte a due mostri come Jean Reno e Toni Servillo un po’ di soggezione debba averla provata: sicuramente gli avranno dato poco lavoro da fare.

Il protagonista del film, l’ispettore Vogel, è stato concepito da subito con la faccia e la voce di Servillo. È sicuro di se, spietato e sprezzante verso tutti, ma una volta messo all’angolo tutto crolla e viene fuori la sua fragilità e vulnerabilità nella sconfitta. La sua abilità nel fare dell’inchiesta sulla scomparsa di una sedicenne, di un piccolo paese sperduto nelle Alpi, un caso mediatico di livello nazionale sarà la causa della sua caduta.

Vogel e il suo modo di portare avanti le indagini, arrivando anche a falsificare o distruggere prove, pur di restare in prima pagina, fa pensare a cronache giudiziarie anche recenti. Servillo è il gigante che sappiamo e rende perfettamente il personaggio , mai simpatico, ma che affascina per tutto il film.
E la colonna sonora fa il suo, sottolineando i momenti di tensione senza essere troppo presente.

La storia di Anna Lou, la ragazza scomparsa nella nebbia due giorni prima di Natale, dell’indagine affidata al poliziotto famoso venuto dalla città, del paesino addormentato fra le montagne che forse nasconde terribili segreti sepolti nel passato, era stata scritta da subito per il cinema. L’autore però, non riuscendo a concretizzare il suo progetto di film ne fece un romanzo. Pubblicato nel 2009 il libro è subito salito in testa alle classifiche di vendita e col successo editoriale sono arrivati anche i produttori cinematografici, Maurizio Totti e Alessandro Usai.

Dicevo però che il film non mi ha entusiasmato. Sicuramente aver già letto il romanzo mi ha tolto gran parte della tensione del thriller. Ho potuto riflettere su alcune situazioni che già nel libro mi avevano poco convinto: senza svelare troppo della trama e soprattutto dei colpi di scena, posso dire che le motivazioni e la macchinazione dell’assassino di Anna Lou suscitano perplessità. L’atmosfera cupa che avvolge il paesino e la comunità fanaticamente religiosa che lo abita, non li ho ritrovati. Quando verso la fine della pellicola gli indizi si accavallano il tutto si ingarbuglia un po’ . Il doppio finale, che sta diventando quasi un obbligo in questo genere di film, mi è parso più accettabile nel romanzo. Parola di lettore.