Addio Lisetta Carmi, un’anima in cammino fotografando il mondo degli ultimi

Oggi è uno testi culto non solo del mondo LGBT. Eppure quegli scatti poetici nell’intimità dei travestiti di via Del Campo a Genova collezionarono un record di rifiuti da parte degli editori e fecero scandalo nell’Italia perbenista dei primissimi anni Settanta. Non si scoraggiò affatto, però, Lisetta Carmi, fotografa dalle cinque vite che l’ultima ha lasciato il 5 luglio a 98 anni.

Ribelle, anticonformista, combattente questa donna unica armata della sua Leika – regalatale dal padre – ha raccontato le favelas, le manifestazioni di piazza, le lotte dei portuali della sua Genova dove è nata nel 1924 da una famiglia di origini ebraiche. Il trauma della cacciata da scuola a 14 anni, per le leggi razziali, i mesi nascosta, l’esilio in Svizzera sono stati fondamentali nella sua formazione artistica e politica.

Il suo primo amore è stata la musica. Pianista apprezzata e applaudita Lisetta nel ’60 fa il suo primo cambio di pelle, lascia di colpo concerti e tournée per inseguire la sua passione civile e gettarsi nel racconto delle vite più disgraziate come fotografa. Non solo l’Italia delle tensioni sociali ma anche Israele, Palestina, Sud America, Afghanistan.

A raccontarla nel suo più recente cambio di vita, l’Ashram di Cisternino in Puglia, è stato Daniele Segre con Lisetta Carmi, un’anima in cammino, poetico ritratto d’autore in cui ripercorre la vita della fotografa allora ottuagenaria dallo spirito di ragazza.

L’abbiamo visto a Venezia 2010, alle Giornate degli Autori, dove abbiamo conosciuto Lisetta con la sua travolgente vitalità. Decana delle fotografe italiane ha sempre pensato la sua professione come strumento di verità «per scoprire l’umanità delle persone», racconta in questo appassionato ritratto di Daniele Segre.

Figlia di una famiglia della buona borghesia genovese non si è mai arresa alle convenzioni, i suoi scatti sono andati controcorrente, fotografando chi nella società dei «fantastici anni Sessanta», per dirla con Celestini, è sempre stato ai margini. Che fossero i portuali di Genova o il mondo dei trans della celebre via del Campo, cara a De Andrè.

«Nelle librerie di Milano – racconta a proposito del suo libro Travestiti – veniva nascosto sottobanco. I travestiti venivano considerati degli schifosi, ma schifosi erano i loro clienti, uomini dell’alta borghesia e preti».

Si descrive come «un’anima in cammino» Lisetta. Alla costante ricerca della verità, come quella che ha ritratto nelle sue foto più celebri: Ezra Pound nel suo «rifugio» di Rapallo, in cui cattura dolore e silenzio di un uomo alla fine. Scatti che hanno fatto il giro del mondo e che hanno vinto il premio Niépce.

Circa cinquant’anni fa Lisetta ha lasciato anche la fotografia. Allora raccontava di averlo fatto perché ormai «l’anima delle persone riesco a leggerla senza obiettivo». E così è stato in quel bel ritiro a Cisternino, aperto a tutti, il primo Ashram occidentale fondato dopo l’incontro folgorante, in India con il maestro yogi Babaji Herakhan Baba.

Da lì Lisetta ora è volata via. Lasciando un insegnamento su tutti: “Ricordatevi, sempre, di pensare agli altri”.