Anne Lister avrebbe preferito AstraZeneca. La lesbo-eroina (letteraria) patrimonio Unesco nella serie su LaF

In oda su LaF (Sky 135) “Gentleman Jack – Nessuna mi ha mai detto no”, serie dedicata ad Anne Lister, passata alla storia come la prima lesbica moderna. Proprietaria terriera dal pugno di ferro e viaggiatrice indefessa ha resocontato la sua esistenza nei suoi “Diari”, inseriti nel 2011 nel programma dell’Unesco Memoria del mondo. Sì proprio lei è quel tipo di persona che avrebbe orgogliosamente rivendicato per sé, all’occorrenza, il “democratico” vaccino AstraZeneca. Di questi tempi, infatti, sembra assistere ad una nuova recrudescenza classista legata ai vaccini. Pfizer attesta lo status da ganzo, AstraZeneca è cheap. Riflessione semi-seria di Teresa Marchesi sui tempi che corrono …

Italiani brava gente o strana gente? Zampillano a ripetizione sui social dichiarazioni trionfali di chi – fuori dalle categorie prioritarie – è riuscito a farsi vaccinare Pfizer. È una medaglia che attesta il tuo status da ganzo. AstraZeneca, oltre a godere di pessima stampa, è cheap. Roba economica da discount. Se ci sai fare, lo eviti. Non è materia da raccomandati speciali: per distinguerti serve fiuto, istinto di classe, know-how.

Appiattiti dalla mesta egalité dei perduranti lockdown (appiattiti si fa per dire, la metratura di domicilio e relativo scoperto fa una gran differenza) gli italiani riscoprono il brivido delle caste. È come viaggiare in Top Class mentre gli sprovveduti viaggiano in classe turistica. Paradossale ma vero.

Dal 26 marzo sugli schermi italiani (LaF, Sky 135) è approdata un’eroina ottocentesca poco simpatica e per niente convenzionale, Anne Lister, passata alla storia come la prima lesbica moderna. È la protagonista della serie Gentleman Jack – Nessuna mi ha mai detto no, prodotta dalle molto autorevoli BBC One e HBO e diretta da Sally Wainwright. Scolpita nel legno duro dai capelli in giù, proprietaria terriera dal pugno di ferro e viaggiatrice indefessa, Lister ha resocontato la sua notevole esistenza nelle 7.720 pagine dei suoi “Diari”, inseriti nel 2011 nel programma dell’Unesco Memoria del mondo.

 

C’entra con la campagna vaccini? Volendo, sì. Perché la mascolina signora “in black”, dichiaratamente classista e caparbiamente dominante con i suoi fittavoli, con i poteri ostili della sua Halifax (New Yorkshire), con i congiunti e con la sua sposa de facto, è quel tipo di persona che avrebbe orgogliosamente rivendicato per sé, all’occorrenza, il “democratico” vaccino AstraZeneca. Per la stessa ragione che le faceva impugnare la zappa, in maniche di camicia, fianco a fianco con i suoi operai chiamati a scavare una nuova miniera di carbone. Non una sweetheart, ma coerente.

Ovvio che la serie – antiagiografica e cruda fino alla sgradevolezza – si iscrive nella corposissima – ormai – produzione a sfondo LGBTQ intesa a combattere l’omofobia nel sentire comune. Segnalo tra l’altro che lo sdoganamento del sesso saffico è particolarmente attivo (Gypsy, Collateral, dall’erotismo morbosetto di Deadly Illusions ai blockbuster come The Prom). Ma la concomitanza con le dinamiche antivirali di questi nostri giorni invita al cortocircuito.

Tremo all’idea di pin e t-shirt “Io Pfizer, tu no”, con i plebei dell’AstraZeneca in umiliato e silente anonimato. Non conta che Draghi abbia optato per il vaccino ‘proletario’ (Venditti dixit). Non salirei su una nave con i cacciatori a oltranza di vaccino ‘chic’. So che in modalità Titanic scopriresti che si sono già accaparrati i posti migliori sulle lance.

Fraternité, Egalité? L’attrazione fatale per il piano nobile riaffiora nei modi più imprevedibili. È la vecchia storia narrata da Orwell in Animal Farm. Passata la sbornia ugualitaria, i Sette Comandamenti vengono rimpiazzati da uno solo: “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”. Parafrasando l’allegorico slogan involutivo dei maiali di Orwell, ‘Quattro gambe buono, due gambe meglio‘, siamo nell’era di “Vaccino buono, Pfizer meglio”. Benvenuti nella Manor Factory del Bel Paese.

Fonte Huffington Post


Teresa Marchesi

Giornalista, critica cinematografica e regista. Ha seguito per 27 anni come Inviato Speciale i grandi eventi di cinema e musica per il Tg3 Rai. Come regista ha diretto due documentari, "Effedià- Sulla mia cattiva strada", su Fabrizio De André, premiato con un Nastro d'Argento speciale e "Pivano Blues", su Fernanda Pivano, presentato in selezione ufficiale alla Mostra di Venezia e premiato come miglior film dalla Giuria del Biografilm Festival.


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