“Antonia”, ritratto di poetessa fiammeggiante

In sala il 10, 11 e 12 giugno al cinema Farnese di Roma, l’opera prima di Ferdinando Cito Filomarino dedicata ad Antonia Pozzi, poetessa e fotografa milanese, morta suidica nel ’38 a soli 26 anni. Il regista è candidato ai Nastri come miglior esordiente…

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Ritratto di ragazza con parole. Anzi poesie, versi fiammeggianti, di troppa vita, vita “imperdonabile”.

Il giovane regista milanese Ferdinando Cito Filomarino, con un corto alle spalle – Diarchia – che l’ha portatato all’attenzione internazionale nella factory di Luca Guadagnino (anche qui in veste di produttore), firma la sua opera prima omaggiando opera e vita di Antonia Pozzi, la poetessa e fotografa milanese morta suicidanel ’38,  a soli 26 anni, nell’Italia fascista che si apprestava alla rovina della guerra.

Una figura la sua, tra le più importanti voci femminili della letteratura del Novecento (è lo stesso Montale a dirlo), ma  misconosciuta e ignorata molto a lungo, in principio anche per volontà della stessa famiglia, preoccupata all’indomani della sua morte di non far trapelare lo “scandaloso” suicidio.

Le sue opere, pubblicate postume, sono diventate oggetto di “culto” e di riscoperta in tempi recenti. Come testimonia anche Poesia che mi guardi di Marina Spada, del 2009, potente ritratto d’artista, compiuto attraverso materiali di repertorio e materiali contemporanei, quelli di un collettivo di giovani poeti milanesi impegnati a rendere “virali” i versi di Antonia.

Nata a Milano nel 1912 in una famiglia dell’alta borghesia, con padre avvocato e madre contessa, Antonia scopre la poesia giovanissima, già sedicenne quando comincia a riepire febbrilmente di parole i suoi quaderni. Versi che dicono di “troppa vita”, incontenibile negli angusti spazi riservati ad una ragazza di buona famiglia come è la sua. Osteggiata nel suo primo amore, quello per il suo professore di lettere al liceo – troppo povero per lo staus familiare – Antonia conosce da subito la depressione, il malessere esistenziale e la fragilità emotiva che la porteranno a successivi amori e a successive delusioni, fino a quella “disperazione mortale” che la spingerà a togliersi la vita con i barbiturici.

Ferdinando Cito Filomarino, affida la vitalità emotiva di Antonia Pozzi ad una sorprendente Linda Caridi, costruendo un film di corpi e passioni, versi mai detti, ma scritti, dettagli e sfumature dell’anima che dal realismo iniziale, trasfigurano nell’emozione. Peccato non si faccia alcun accenno all’oppressivo contesto storico del Ventennio. Sarà una licenza poetica?