Confondendo liberazione sessuale e pornografia. L’ode a Riccardo Schicchi di “Diva Futura” al cinema
In sala dal 6 febbraio (per PiperFilm) “Diva futura” opera seconda di Giulia Louise Steigerwalt che celebra Riccardo Schicchi, il padre del porno italiano attraverso le memorie della segretaria della sua agenzia, Debora Attanasio (diventate un libro pubblicato nel 2013 da Sperling&Kupfer). Una prima mezz’ora di ritmo e battute riuscite e poi si perde quota verso un ritratto celebrativo. Tra il tentativo di cancellare uno stigma e il santificare c’è una gran differenza. Passato in concorso a Venezia 81, nella pattuglia degli italiani …
Salva ogni tipo di animale, non fa del male a una mosca, si preoccupa del suo lavoro e delle implicazioni nella società, specie sulle donne. No, non è un santo, ma Riccardo Schicchi, il padre del porno italiano. E se non lo ricordate così, Diva futura di Giulia Louise Steigerwalt (qui alla sua opera seconda dopo Settembre) è pronto a farvi cambiare idea, o quantomeno a provarci. Primo banco di prova: il pubblico della Mostra del Cinema di Venezia, dove è passato in concorso.
Il titolo è il nome dell’agenzia con cui Schicchi iniziò a lanciare le sue stelle senza veli, da Cicciolina (con cui si sposò) a Moana Pozzi. Da pochissimo è divenuto anche il titolo dell’autobiografia della segretaria dell’agenzia, Debora Attanasio, pubblicata in precedenza nel 2013 da Sperling&Kupfer con un più goliardico Non dite alla mamma che faccio la segretaria. Memorie di una ragazza normale alla corte del re dell’hard.
A suo modo goliardica e irriverente lo è anche la prima mezz’ora, annunciatrice di un film diverso, fatto di battute riuscite, passo sostenuto a livello di ritmo, ottimi dialoghi tra i due protagonisti, Pietro Castellitto e Barbara Ronchi. È solo l’introduzione, però, come le biografie che si mettono in capo ai classici per raccontare la vita dell’autore. Il cuore del discorso viene dopo ed è lì che Diva futura inizia a perdere quota.
Lo Schicchi di Steigerwalt è un docile e impacciato visionario, il cui sgarro maggiore è concedersi più zuccheri di quanto il suo corpo diabetico sia in grado di reggere. Vede il sesso come una forma di libertà, il denaro entra solo marginalmente nei suoi calcoli e cerca di proteggere le sue attrici. Dalla viva voce di una di loro arriva la scontata battuta in chiave MeToo, secondo cui il porno è l’unico mondo in cui non è stata molestata durante un colloquio.
In fondo è proprio qui il pensiero su cui è stato edificato il film: restituire dignità alla pornografia. Uno spunto su cui si è insistito molto negli ultimi anni e su cui l’attenzione delle giovani generazioni è cresciuta fortemente, anche in chiave femminista. È del 2016, per esempio, Le ragazze del porno, esperimento collettivo (10 corti per un film) per declinare la pornografia al femminile. E forse è proprio in virtù di questa nuova curiosità che un progetto come Diva futura è potuto andare in porto. Solo che tra il tentativo di cancellare uno stigma e il santificare c’è una gran differenza. Insomma, il porno non sarà l’alcova del demonio, ma nemmeno può diventare l’ultimo ritaglio di civiltà in un mondo a pezzi. Anche perché certamente non è mai stato parco di sessismo.
La candidatura di Moana Pozzi alle comunali di Roma del ’93 è l’assist a cui si aggancia la regista per tirare in mezzo la politica. A inizio film, nella mezz’ora biografica, ci aveva già rapidamente ricordato l’elezione di Cicciolina in Parlamento. Il fallimento dell’avventura istituzionale dell’attrice si lega all’inizio di un’altra avventura, quella del berlusconismo, con un accostamento che sembra voler suggerire una critica all’Italia, pronta ad affidare il Paese all’uomo immorale, ma bacchettona con la donna.
Dovrebbe essere la stoccata alla morale bigotta e perbenista che attanaglia il discorso pubblico italiano. Invece è una svista. La tv berlusconiana prima e la discesa in campo poi non sono in conflitto con il mondo del porno italiano, ma ne sono stati invece lo sponsor televisivo e politico, sono germogliati dalla stessa terra. La seconda moglie di Schicchi, Eva Henger, per esempio, trova una seconda vita tra i vari programmi tv del biscione.
Riccardo Schicchi non è stato un libertario perseguitato insomma, ma un affarista sveglio, che ha puntato su un campo controverso sapendo di poter far breccia. Raccontarne la storia senza sfrondarla da questa componente sarebbe stato non solo più onesto, ma anche più interessante, utile per capire più che il mondo del sesso (di cui il porno è prevalentemente il lato economico) la società italiana e le sue contraddizioni. Ma ancora una volta, per questo, ci toccherà sperare nel prossimo film.
Tobia Cimini
Perditempo professionista. Spende il novanta percento del suo tempo leggendo, vedendo un film o ascoltando Bruce Springsteen. Nel restante dieci, dorme.