Il “colpaccio” di Checco Zalone. Dopo il trailer “razzista” ecco il film “buonista”

In sala dal primo gennaio (con Medusa), “Tolo Tolo” l’atteso nuovo film di Checco Zalone che si appresta a sbancare i botteghini. Dopo essersi guadagnato le prime pagine dei giornali con il trailer “razzista”, il film si svela al contario antirazzista, politicamente iper-corretto e tanto buonista. Firmato dallo stesso Zalone per la prima volta alla regia e sceneggiato insieme a Paolo Virzì, “Tolo Tolo” è l’ennesima variazione sul tema del “viaggio della speranza” al contrario …

 

Era scontato? Anche no. Tolo Tolo, il film di Checco Zalone/Luca Medici che invaderà tutte le sale d’Italia dal 1° gennaio, seppellisce tutte le accuse al suo contestato trailer “razzista” (guardalo qui) semplicemente perché è l’esatto contrario: antirazzista, politicamente iper-corretto e tanto buonista che forse gli incassi ne soffriranno. Quel videoclip provocatorio, Immigrato, è stato in sostanza una furba operazione di depistaggio.

Da campione nazionale e incontrastato dei botteghini, Checco/Luca si avventura a dirigersi in proprio per la prima volta – dopo il divorzio dal suo alter ego Gennaro Nunziante, regista dei primi quattro film – e si annette la firma autorevole di Paolo Virzì, co-sceneggiatore.

Ma dopo un poker di film acchiappatutto, al di là di ogni credo e bandiera, si concede anche il lusso di ipotecare qualche consenso di destra. Tra gli elettori della Meloni, per dire, molti non gradiranno che le sporadiche crisi “mussoliniane” del Nostro siano equiparate alle infezioni da Candida. Detta in soldoni: abbiamo tutti attacchi di fascismo, col caldo forte, ma “si combattono con l’amore”.

In più si mettono in burla gli approdi negati alle navi di salvataggio delle Onlus e si sbeffeggia un disoccupato “senzamestiere” che scala le gerarchie diventando a velocità record Ministro degli Esteri, poi Presidente del Consiglio, e ancora più su. Saranno contenti Salvini, Di Maio e Conte.

L’unica vera ossessione del Checco protagonista è l’italica Idra fiscale, coi suoi mille volti e i suoi mille antipatici nomi. Quando la sua pacchiana impresa “Murgia e Sushi” in quel di Spinazzola (Puglia) fallisce – con un codazzo di debiti iperbolici – Checco scappa in Africa a fare il cameriere, dotato di mocassini Prada, mutande Dolce e Gabbana, camicia Armani e borsa Louis Vuitton.

E qui, in fuga come il suo compagno di (s)ventura locale – cultore del Neorealismo – dalle feroci guerre del sub-continente, inizia il suo viaggio da “vagabondo” a rovescio. Vagabondo come l’omonima hit vintage firmata dal corregionale Nicola di Bari, che fornisce anche uno dei camei attoriali del film. Però c’è anche la benedizione incarnata da Niki Vendola, che autoironizza sproloquiando, parodia di Zalone che fa la parodia di Vendola: una mise-en-abime, direbbero quelli colti…

Quella di condividere – da bianchi “regolari” tra i disperati africani – il “viaggio della speranza”, con tutte le traversie del caso, non è un’idea nuova. Lo spunto lo ha fornito Paolo Virzì, ma su qualcosa di molto simile si erano già esercitati Gianni Amelio con Lamerica, Aldo Baglio, Antonio Albanese…

Con Zalone/Medici, onestamente, si ride parecchio, tra intermezzi musical che non esitano a mettere in burla i semi-affogati delle “carrette del mare” (qualcuno inorridirà) e sbeffeggiano la salviniana massima “prima gli italiani”(“Per gli italiani prima la gnocca”, canta Checco, che si è innamorato di una pugnace africana). Sì, perché pesano, le canzoni – da Mino Reitano a De Gregori al Sergio Endrigo sanremese de L’Arca di Noè – tutte riconvertite al nuovo “credo” di accoglienza. Nel disneyano (da Dumbo) cartoon finale, è una cicogna strabica che si addossa la colpa di depositare i bimbi nel continente africano, cioè nella parte sbagliata del mondo. Ma Checco promette ai bimbi sfigati quintalate di permessi di soggiorno.

Quel che sorprende è che Medusa distribuisca, in competizione sullo stesso periodo festivo, due film come Il Primo Natale di Ficarra e Picone e il Tolo Tolo di Zalone, che giocano sullo stesso terreno non solo tematico ma anche geografico (in entrambi i casi il deserto è quello marocchino).

Come si fa a piangere sulle sale di cinema vuote, se i potenziali campioni d’incasso italiani vanno insieme sul ring? Qualcuno ragiona sui costi dei biglietti per l’intera famiglia? In pista c’è anche Pinocchio, per non dire di Star Wars: un popolo che diserta i cinema, quanti film riuscirà a vedere nell’arco di tre settimane? Perché non diluire nel tempo i titoli “forti” e le grandi scommesse produttive?

Come diceva bene Nanni Moretti, continuiamo così, facciamoci del male…

fonte Huffington Post