Oscar per il miglior film internazionale (e non solo) alle pagine pacifiste di Remarque. Su Netflix
Oscar per il miglior film internazionale, miglior fotografia, scenografia e colonna sonora per “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, il favoritissimo (9 nomination) film del tedesco Edward Berger, ennesimo adattamento del grande romanzo antimilitarista di Erich Maria Remarque del 1929. Un inno pacifista contro l’insensatezza della guerra attraverso lo sguardo di un giovane prussiano mandato al macello sulle trincee della Grande Guerra. Un film potente e capace di immergerci nell’agghiacciante realtà del fango e della paura. Tanto più presente in questi nostri tempi di guerra. Disponibile su Netflix …
Difficile liberare il proprio inconscio dalle crude immagini di Niente di nuovo sul fronte occidentale, film di Edward Berger fresco della vittoria dell’Oscar 2023 come miglior film internazionale, oltre che per la potente fotografia di James Friend, la scenografia di Christian M. Goldbeck ed Ernestine Hippere, la colonna sonora di Volker Bertelmann.
Va subito detto che si tratta di un film significativamente tedesco (da cui la candadatura per la Germania), distribuito a ottobre nelle sale cinematografiche da Lucky Red e disponibile su Netflix la cui trama, ispirata al grande romanzo antimilitarista di Erich Maria Remarque pubblicato nel 1929, Im Westen nichts Neues, letteralmente All’Ovest niente di nuovo, ha già avuto diverse riduzioni cinematografiche, a partire da quelle di Lewis Milestone (premio Oscar 1931) e di Delbert Mann (1979) che ne hanno mantenuto il titolo originale. Ci sono poi una serie di film che si ispirano alla stessa materia: Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick (1957, con Kirk Douglas), Uomini contro di Francesco Rosi (1970) e, ultimi in ordine di tempo,Torneranno i prati, l’ultimo film di Ermanno Olmi (2014), e quel 1917 di Sam Mendes che nel 2019 ha riportato l’attenzione sulle terribili condizioni di vita nelle trincee durante la Prima Guerra Mondiale.
La storia è conosciuta. Dopo avere ascoltato il discorso patriottico del suo professore, un giovane prussiano poco più che diciottenne (Felix Kammerer, da Oscar) decide assieme a un gruppo di coetanei di arruolarsi volontariamente nell’esercito, contro la volontà dei genitori, per difendere la patria minacciata dal nemico.
Dopo un rapido addestramento, tutti vengono inviati al fronte occidentale dove è in corso da anni una logorante guerra di trincea che, dopo la conquista di una manciata di metri di terreno, si è finora risolta in una serie di sanguinosi ripiegamenti, lasciando sostanzialmente immutati i rapporti di forze.
Nel frattempo la Germania ha dovuto prendere atto dell’inevitabilità della sconfitta, in uno scenario di guerra combattuta su diversi fronti e specie dopo la discesa in campo degli Stati Uniti d’America, e ora cerca il modo più indolore per venire a patti con il nemico.
Raggiunto infine un accordo, in realtà una resa senza condizioni che poi sarà all’origine del revanchismo hitleriano, un generale fanatico ordina un ultimo assalto prima dello scadere delle sei ore che dividono la firma dell’accordo dal cessate il fuoco. E sarà proprio quell’ultimo inutile massacro ad aprire definitivamente gli occhi al protagonista – che ha già visto cadere tutti i suoi compagni – sull’inutilità e l’insensatezza della guerra, così efficacemente rappresentata dagli sguardi dei due nemici: due coetanei con le divise di diversi colori ormai indistinguibili nel fango della trincea (e qui il pensiero non può che andare a La guerra di Piero di Fabrizio De Andrè) che si affrontano in un ultimo disperato duello per la sopravvivenza.
Il film, giovandosi della straordinaria fotografia di James Friend (fresca di Oscar), è capace di immergerci nella lividezza della campagna francese durante il piovoso novembre del 1918 (Oscar meritato anche per gli scenografi), facendoci sentire addosso il freddo e il disagio della trincea, la paura di ciò che sta oltre il muro di fango, il panico degli assalti all’arma bianca, con i soldati colpiti dai mitra e dalle granate che cadono uno dopo l’altro a pochi metri da te, e il terrore di essere la prossima vittima.
In questo caso i mezzi a disposizione del cinema contemporaneo per immergerci in una realtà più vera del vero – comprese le scene cruente, talora insostenibili alla vista – sono messi al servizio di quello che è l’autentico, profondo messaggio del libro di Remarque, e cioè la denuncia della guerra e dei suoi orrori. Perché è impossibile restare insensibili a quegli sguardi, alle urla di dolore, alla certezza dell’inutilità del sacrificio di tante vite umane.
Un messaggio reso ancor più efficace dal contrasto su cui gioca il film con grande efficacia. Da una parte il fango, il sangue e l’odore della paura. Dall’altra i comandi militari e politici che decidono le sorti della guerra davanti a tavole imbandite, in saloni sontuosamente arredati, o ancora nel treno di lusso diretto a Compiègne dove l’11 novembre 1918 sarà firmato l’armistizio tra Francia e Germania che di fatto concluderà la Prima Guerra Mondiale.
Vale la pena ricordare che nello stesso vagone, il 22 giugno 1940, sarà firmato il secondo armistizio di Compiègne tra la Francia, rappresentata da una delegazione inviata dal maresciallo Pétain, e la Germania nazista, rappresentata da Hitler in persona. Se mai qualcuno avesse dimenticato i corsi e ricorsi storici.
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