Morte a Venezia secondo Ernest Hemingway. “Di là dal fiume e tra gli alberi” arriva in sala
In sala dal 3 luglio (per Pfa Films in collaborazione con L’Altro film) “Di là dal fiume e tra gli alberi” della spagnola Paula Ortiz, ispirato all’omonimo romanzo di Ernest Hemingway, pubblicato nel 1950. Un testo che negli anni hanno tentato di portare al cinema anche John Huston e Robert Altman. Con la sceneggiatura del britannico Peter Flannery il film ha in Liev Schreiber il persuasivo protagonista: il colonnello Cantwell-Hemingway di ritorno in Italia – è tutto girato tra Venezia e il Veneto – dopo averci combattuto due guerre, sulle tracce di una dolorosa memoria …
Non c’è alcuna caccia alle anitre. Ci sono le anitre, i fucili, le anitre di legno da usare come esca, le anatre vive, che volano in formazione. E un desiderio continuo, un pensiero: la malinconia.
Di là dal fiume e tra gli alberi, il film della regista spagnola Paula Ortiz (2022, prodotto da Tribune Pictures) tratto dall’omonimo romanzo di Ernest Hemingway (pubblicato nel 1950) di cui firma la sceneggiatura Peter Flannery, ha in Liev Schreiber un persuasivo colonnello Richard Cantwell, usurato dalla guerra, malato di cuore e tuttavia non ancora pronto a dire addio alla vita.
Alle spalle c’è la guerra, certo, che ha macinato tante vite. Quanto sia orribile l’abbiamo dimenticato, cullati da decenni di relativa pace. Ma qui c’è, in tutto il suo orrore contabile. Il colonnello Cantwell lo dice al suo attendente: “La guerra è un affare, ragazzo… e l’esercito americano è il più grande affare del mondo. Noi siamo impiegati e magazzinieri di questo tipo di affare”.
Come Hemingway aveva già scritto in Addio alle armi, le guerre “sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono a profittarne”.
Fatica, fango, dolore e morte: difficile lasciarseli dietro, e pensare alla caccia alle anitre. Più facile innamorarsi della promessa della vita, ancora, e di una giovanissima ragazza che parla poco, sorride e ha grandi occhi in cui annegare. Sperduta anche lei, sulla soglia di un matrimonio che le hanno apparecchiato, e già ferita dai suoi dolori. Con l’incubo di dover sciare nel buio.
Così il colonnello ne è preso, cammina con lei in una Venezia brumosa e affascinante, la laguna sempre in sciabordio, un incontro magico come ne accadono alle volte, due anime che si prendono per mano e condividono un poco del tempo che resta, all’uno e all’altra.
Questa è la storia. Di qua, nella laguna, c’è una città magica, bellissima e triste. Di là dal fiume e tra gli alberi c’è il dopo, la morte annunciata per il colonnello, la vita da sposa per la giovanissima Renata Contarini (Matilda De Angelis). Ma cosa ne sarà della giovane non interessa, questa è una storia scritta da uomo per raccontare di un uomo che prende quel che resta del suo tempo senza scrupoli.
Sì, un po’ è anche Hemingway (Liev Schreiber gli è simile anche nella fisicità), non solo il suo amico militare Charles Lanham, amico di guerra e di vita.
Il colonnello torna in Veneto con un’auto e l’attendente, ma trova tutto un po’ più piccolo, più malinconico e meno polveroso. Qui ha combattuto, qui ha perso un figlio partigiano. Qui è stato ferito: ”Probabilmente quel che cercavo allora erano zone d’ombra per i momenti di sosta, e pozzi nei cortili delle fattorie. E fossi, anche. Quanti ne cercavo, di fossi”.
Anche in questo film ci sono zone d’ombra, e fossi. Il riflesso della guerra, che ha cambiato futuro e speranze di vita, è da per tutto. È finito il conflitto, il tempo che si preannuncia è molto brumoso e incerto.
C’è un momento in cui si smette di pensarsi immortali, e si comincia a contare il tempo che rimane. Dieci anni? Sei? Tre? E anche il tempo non è quello di prima, lo scialo e lo spreco. Che farne invece? Così anche la caccia alle anatre è un buon appiglio, il cercare di tornare alla vita di prima, eppure è difficile sfuggire alla sensazione che questa sia l’ultima volta. Per questo la caccia alle anitre, buon per loro, non ci sarà.
Ci sarà invece un altro incontro inaspettato, una rivelazione. Un testimone della morte del figlio del colonnello Cantwell, ucciso nei dintorni di Venezia dalle SS in una fucilazione di massa, una delle tante che l’esercito tedesco si è lasciato dietro durante la ritirata. L’uomo è sopravvissuto per un caso, sepolto vivo tra i cadaveri degli altri, contadini e partigiani. Il suo compito è ormai quello di testimoniare: “La morte mi troverà vivo”, dice.
Al colonnello non resta che tornare a Venezia, la bellissima. E guardare il volo delle anitre, ancora e ancora.
Ella Baffoni
Giornalista dal 1964. Fin dal 1973 ha lavorato al Manifesto. Nel 2002 è andata all'Unità, al desk del politico. Negli ultimi anni è stata agli esteri e ha collaborato all'online. Insegna italiano a stranieri. Collabora a Strisciarossa. Appassionata lettrice e viaggiatrice, ha due figlie. È comunista.