“Picnic a Hanging Rock”, un mistero lungo cinquant’anni. Che torna in sala restaurato

Torna in sala restaurato dal 3 febbraio (grazie alla Cineteca di Bologna in collaborazione con I Wonder Classics) “Picnic a Hanging Rock” che, alla sua uscita 50 anni fa, lanciò Peter Weir. L’omonimo romanzo a cui è ispirato, della scrittrice australiana Joan Lindsay, invece, al suo arrivo nelle librerie (nel 1967 in Australia) passò pressoché sotto silenzio. Fu il film, pietra miliare della New Wave del cinema australiano di quegli anni a renderlo famoso. Una montagna incantata, una gita di collegiali aristocratiche, morti inaspettate e il magnifico flauto di Pan di Gheorghe Zamfir. Cosa accadde quel giorno di S. Valentino del 1900 è ancora un mistero…

Cinquant’ anni dopo la “roccia” è ancora intrisa degli stessi enigmi ed inquietudini. Quando nel 1967 uscì Picnic a Hanging Rock (“Picnic at Hanging Rock”), il romanzo della scrittrice australiana Joan Lindsay (in Italia ora disponibile per Sellerio) passò pressoché sotto silenzio. Fu il film di Peter Weir nel 1975 (in Italia nel 1977) ed ora di nuovo in sala in versione reataurata, considerato una pietra miliare nella New Wave del cinema australiano di quegli anni, col successo che ebbe, a procurargli un nuovo, più importante editore ed una adeguata attenzione. E a riverberare così, nel tempo, i suoi misteri con la forza e la freschezza che ancora oggi possiamo misurare.

Un collegio aristocratico molto severo, una fanciullesca, allegra gita su un calessino, ragazze curiose di tutto che scompaiono nel nulla, morti inaspettate e, ovviamente, tanta suspense. Ecco quello che accade a Hanging Rock in coincidenza col giorno di San Valentino, il 14 febbraio del 1900.

L’estate australe è al colmo, la giornata è afosa: stordisce la vista ed i sensi… Alcune allieve dell’Appleyard College, vicino alla dimenticata cittadina di Woodend (Victoria, Australia), e non troppo lontano da Melbourne, prendono la via che va alle pendici del minuscolo (ma molto incantato) monte Hanging Rock: il simulacro di una montagna, una rara formazione di origine vulcanica cara ai nativi australiani.

Le ragazze sono allegre, accaldate e soprattutto spensierate. Innocenti e vitali. Tra loro Miranda, forse la più profonda, sentenzia: “Quello che vediamo e quello che sembriamo non è che un sogno, un sogno dentro un sogno”.

Le accompagna in gita la professoressa di matematica, Miss McCraw. Una volta arrivate, magnetizzate dal luogo, quattro delle ragazze pensano addirittura di esplorare da vicino le rocce e di spingersi così a fare un sopralluogo. Solo una di loro però fa ritorno dall’escursione.

Miss McCraw si precipita allora alla ricerca delle disperse. Ma non torna nemmeno lei. Passano i giorni, cresce l’angoscia, interviene la polizia. Si analizzano tutte le possibilità, ma nessuno riesce a capire cosa sia potuto accadere. Le ricerche affannate ed angosciate non approdano a nulla. Le tre ragazze e Miss McCraw sembrano proprio svanite su Hanging Rock. Perse? Scomparse? Cos’altro? I sospetti, nella piccola comunità, si addensano su chiunque. In molti si sentono addirittura “colpevoli” per proprio conto.

Si susseguono altri risvolti nella trama: muore anche Sara, amica di una delle ragazze scomparse e muore anche Mrs. Appleyard, l’autoritaria direttrice del Collegio. La sciarada si infittisce e soprattutto non c’è uno svelamento finale. Il mistero resta tale. E come tale inquieta.

“C’è qualcosa di più importante della logica: l’immaginazione”, usava dire con sapienza Alfred Hitchcock.
Rimane, per i fan, la fiducia che ogni incertezza sia svelata dall’ultimo capitolo del libro; inedito per volontà della stessa autrice, fino alla sua morte, avvenuta nel 1984. Un capitolo nel quale si possono “leggere” i nomi degli “assassini”…
Sia come sia, fu proprio questo finale “aperto”, del tutto contraddittorio con l’impianto mystery del film, un dichiarato depistaggio, a decretarne il successo. In tutto il mondo, tranne che negli Usa dove non trovò un distributore proprio perché mancava un chiaro “the end”.

Nel main title theme di Picnic a Hanging Rock il magnifico flauto di Pan di Gheorghe Zamfir (ascoltalo) spadroneggia e condiziona, creando un’atmosfera di assoluta incertezza e precarietà, sospesa, che ci conduce solo da un’allucinazione all’altra.

Il film è un film sul mistero, ma anche un’opera sulla formazione adolescenziale e sui suoi turbamenti: accennati, auspicati, cercati, temuti. Il mistero eterno della ricerca della vita qui si intreccia con quello più concreto della scomparsa delle ragazze.
Al suo primo film “vero” Peter Weir dimostra già maturità e capacità da attento ritrattista. La miniatura si perde poi in orizzonti più ampi. Il racconto è scritto con semplicità sulle facce solari delle allieve; o su quelle molto meno ingenue degli altri personaggi. Il ritmo è inesorabilmente lento e stregato.

Primo film e, forse, già “dichiarazione d’intenti”: infatti il cinema di Peter Weir è stato, negli anni a seguire, un cinema che ha spesso raccontato la formazione di giovani individui ed anche il mistero che accompagna tante vicende umane, anche minime. Cose che lo hanno sempre affascinato.

Comunità isolate, college, ragazzi e i loro precettori sono temi che di fatto ricorrono nella sua filmografia; argomenti che manterrà anche dopo essersi trasferito ad Hollywood. Basti citare Witness – Il testimone (Witness) (1985), un mystery nella ristretta comunità degli Amish; il primo film girato negli Stati Uniti da Peter Weir. Mosquito Coast (The Mosquito Coast) (1986), con l’idea di creare una sorta di dorato paradiso in Honduras. L’attimo fuggente (Dead Poets Society) (1989), con le vicissitudini del professor John Keating, insegnante di letteratura nel collegio maschile Welton. Ma anche, in parte, The Truman Show (1998) e The Way Back (2010).