Loro sono due autarchici. Il cinema alieno di Olmo & Samuele

Parte il 12 marzo dal Nuovo Sacher di Nanni Moretti a Roma il tour nelle sale de “I racconti dell’orso”, il film dei giovanissimi Samuele Sestieri e Olmo Amato. Una creazione aliena, un film totalmente fuori dagli  schemi,  una “scrittura di immagini” che ci porta tra boschi e laghi del Nord Europa al seguito di un monaco e di un omino rosso. Una produzione rigorosamente autarchica. I due registi, infatti, hanno fatto tutto loro: riprese, fotografia, luci e sono gli unici attori, celati sotto i costumi …

Arriva sugli schermi un film «alieno». Alieni sembrano un po’ i protagonisti: un monaco meccanico (un mix di Java e Sabbipodi, due fra le tante creature di Star Wars) e un omino inguainato in una tuta rossa senza occhi, naso e bocca che non parlano ma emettono un linguaggio preverbale fatto di strani suoni e gorgheggi.

Però I racconti dell’orso che fa il suo esordio nelle sale, lunedì 12 marzo (20.45) al Nuovo Sacher a Roma, non è un film di fantascienza. Piuttosto è una creazione «aliena» per come è stato concepito e per come è nato – senza una storia, una sceneggiatura ma soltanto, agli inizi, un’idea di cortomertraggio cresciuta nel tempo di un viaggio da Helsinki a capo Nord, quaranta giorni tra Finlandia e Norvegia. Non è nemmeno un documentario ma – dicono gli autori, Samuele Sestieri e Olmo Amato – una «scrittura di immagini» che entravano e uscivano dal film; opera di montaggio, soprattutto, ma non solo. Prodotto da «two men show» che hanno fatto tutto loro: riprese, fotografia, luci e sono gli unici attori, celati sotto i costumi.

Un tenue canovaccio tiene insieme le straordinarie immagini che il film mostra, le foreste, le lande desolate e poi i panorami lacustri e paludosi di quelle estreme regioni, algide e limpide, ma infestate di zanzare che sono state il problema principale, durante le riprese, per Samuele e Olmo, nonostante tute e costumi che li coprivano per intero.

Come un problema sono state le batterie della camera digitale per ricaricare le quali dovevano spostarsi anche duecento chilometri, avanti e indietro. I racconti dell’Orso è infine una storia d’inseguimento tra il Monaco e l’Omino Rosso, forse un sogno sognato dalla bambina che vediamo addormentata in un’auto che attraversa il paesaggio. Tra panorami bellissimi, alternanze di giorni e notti anche se la notte, da quelle parti, non rinuncia mai alla luce; con l’apparizione di strane statue, sagome di cartone, spaventapasseri e una chiesa solitaria e bellissima. Un lungo inseguimento che, alla fine, con il ritrovamento di un orso di peluche si rivelerà, piuttosto, una classica quest tra il cavalleresco e il fiabesco, una ricerca.

Spiegano Sestieri e Amato che il viaggio del Monaco e dell’Omino «attraversa un territorio in cui gli uomini non ci sono più, sembrano essersi tutti volatilizzati. È un mondo in cui le cose sono finite, restano la natura, qualche renna (ma molte zanzare) e la paura degli orsi – quelli veri».

E alla fine, riconciliati da quell’orso «finto», il Monaco e l’Omino metteranno su casa insieme, in una piccola capanna. Potrebbe sembrare il coronamento di una piccola storia d’amore di due creature dalla sessualità indefinita ma «il nostro – raccontanono gli autori – è un film su una mancanza, sull’esigenza di ricreare dei veri rapporti affettivi, sulla ricerca, perfino, di una religiosità. È la nostalgia di un mondo».

I racconti dell’Orso è stato girato nel 2015 quasi artigianalmente (un cavalletto, nessun dolby, nessuna steady-cam) dai due giovani cineasti (Sestieri, classe 1989, diploma di cinema; Amato, classe 1986, laurea in neurobiologia, fotografo e grafico). Ora, dopo due anni di postproduzione e un crowfunding che ha coperto un quarto dei costi totali (appena 20.000 euro), dopo lusinghieri passaggi in festival importanti come il Torino Film Festival, l’International Film Festival di Rotterdam, il Trento Film Festival, il Future Film Festival di Bologna e l’FICMY in Messico, ha trovato finalmente una distribuzione grazie a Milano Film Network e Vivo Film. Dopo la «prima» romana girerà le città italiane e tra le prime ci sono Perugia, Arezzo, Catania e Bologna.