Bob, il gatto che ci mette nel sacco. Anche al cinema
Diverte la trasposizione di “A spasso con Bob”, il libro di James Bowen portato sul grande schermo da Roger Spottiswoode. Magari si perde per strada un po’ di spontaneità e poesia, ma la forza resta il magico feeling tra il cantante di strada e il suo un gatto di strada. In sala dal 9 novembre per Notorious Pictures…
Difficile liberarsi dall’ottima impressione tratta dal libro A spasso con Bob di James Bowen (oltre 7 milioni di copie vendute in tutto il mondo, vedi recensione in questo sito) per affrontare senza pregiudizi la visione dell’omonimo film di Roger Spottiswoode (Turner e il casinaro, Il ritorno di Mr. Ripley, The Journey Home).
Alla fine però la sensazione non è così malvagia, anche se si perde per strada – e non poteva essere altrimenti – un po’ di spontaneità, poesia e verosimiglianza che nel libro sono probabilmente frutto dell’ottimo lavoro di un ghost writer. Lavoro peraltro che il film ripropone, creando un effetto davvero straniante: alla fine, infatti, grazie alla fiducia di una casa editrice e al lavoro di un ghost writer il protagonista di questa bella storia di amicizia tra uomo e gatto diventa uno scrittore di successo, che presenta e firma le copie del libro, che è poi il libro da cui è tratto il film.
Una specie di corto circuito, ma anche un caso abbastanza inedito di compenetrazione tra libro, cinema e vita reale, con crediti e rimandi reciproci anche in forma multimediale: youtube, twitter, copertina e titolo del libro originali, titoli di coda in cui appare la foto del vero eroe della storia, evidentemente non abbastanza fotogenico e buca-schermo da sostituirsi in chiave autobiografica al bravo Luke Treadway.
La storia ricalca fedelmente le vicende narrate nel libro, se si eccettua l’enfasi con cui il film affronta il rapporto accidentato tra il protagonista e suo padre, preferito a una madre assai più presente nel libro, e la storia d’amore che serve a romanzare – ma sarebbe più corretto dire cinematografare – un po’ il tutto.
Il resto si regge quasi interamente sul magico feeling tra il protagonista, cantante di strada che cerca di uscire dalla schiavitù della droga e di conquistare un vita più dignitosa, e un gatto di strada che sceglie di vivere con lui. Siamo a Londra, naturalmente, e il giovane vive in un alloggio di fortuna che i servizi sociali gli hanno assegnato grazie all’interessamento di un’assistente sociale insolitamente umana, se si pensa a I Daniel Blake di Ken Loach attualmente in programmazione nei cinema italiani. In questo il film non si discosta affatto dal libro, narrando in chiave ultra sentimentale un percorso di riabilitazione e di redenzione reciproca tra persona e animale, una specie di pet therapy che piacerà molto agli amanti dei gatti. E, va da sé, i due amici superano ogni sorta di ostacoli e pericoli incontrati lungo strada, con tanto di ricadute e cattivi che vengono giustamente sconfitti.
Luke Treadway è credibile nella parte di James Bowen, di cui mantiene il nome anche nella finzione cinematografica. Ma il vero mattatore è il gatto Bob, che con l’aiuto di alcune controfigure si presta a recitare se stesso con disponibilità e telegenia, adattandosi a camminare sulle spalle del nuovo amico e a seguirlo buono buono al guinzaglio nelle sue peregrinazioni, così come avviene nella vita reale. E se qualcuno ha dubbi sulla veridicità della storia, vada a vedersi i filmati su youtube (www.hodder.co.uk) che ritraggono Bob e James Bowen durante i loro concerti su strada.
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