Caro amico ti scrivo. Le lettere tra Fellini e Simenon in un doc alla Festa e in tv

Passato nella sezione Riflessi della Festa del Cinema di Roma, il doc “Fellini e Simenon, con profonda simpatia e sincera gratitudine” di Giovanna Ventura. Tra repertorio e memorie si ripercorre l’amicizia tra lo scrittore belga, papà di Maigret e il regista de “La dolce vita”. Alla base il carteggio tra i due autori in libreria con Adelphi. Il doc va onda su RaiMovie domenica 24 ottobre (ore 13.05) …

A leggere i nomi dei suoi protagonisti, l’amicizia tra Federico Fellini e Georges Simenon sembra strana come quella tra il gatto e la gabbianella di cui scrisse Sepúlveda. Che cosa potevano mai dirsi lo scrittore con la pipa e il regista col Borsalino e la sciarpa? A rispondere è il documentario di Giovanna Ventura, Fellini e Simenon, con profonda simpatia e sincera gratitudine, prodotto da RaiMovie e proiettato nella sezione Riflessi della Festa del Cinema di Roma. 

L’amicizia nasce a Cannes, ovviamente durante il festival, nel 1960. Simenon, dopo anni di tentennamenti, ha finalmente accettato di presiedere la giuria, peraltro molto letteraria: assieme a lui vi sedevano Henry Miller, Ulyses Petit de Murat e Diego Fabbri. Non è un’edizione semplice, bisogna districarsi tra nomi del calibro di Ray, Bergman, Minelli e Buñuel e trovare spazio anche per gli outsider di lusso come Saura, Cardiff, Ichikawa. Ma il romanziere era stato avvisato che il vincitore era già prestabilito, si trattava di un film «di una Nazione grande e potente» (non ci è dato sapere quale).

La rappresentanza italiana oggi ci sembra di un peso enorme: La dolce vita di Fellini e L’avventura di Antonioni, due capolavori assoluti. Ma i due film italiani erano malvisti, in particolare il primo, già uscito in Italia e ampiamente osteggiato dalla critica e dal Vaticano (L’Osservatore Romano lo aveva già ribattezzato «La schifosa vita»). Difatti, alle rispettive prime fanno a gara a chi riceve più fischi, e a vincere è Antonioni, costretto a fuggire assieme a Monica Vitti in un diluvio di ingiurie.

Simenon deve faticare e battersi in giuria, ma finalmente nella sera conclusiva può annunciare, travolto dai fischi, che la Palma d’oro va proprio a La dolce vita, mentre ad Antonioni spetterà il Premio Speciale. L’amicizia (e il carteggio) tra Fellini e Simenon inizia proprio da lì, lo scrittore si dice certo di aver visto un film che resterà nella storia (possiamo ben dire che non aveva torto), il regista lusingato che una penna del suo calibro trovi i suoi film degni di nota.

Dalle prime lettere in cui Fellini non si avventura oltre il voi, si passa a quelle più fraterne, in cui comunque la stima resta immutata. Simenon scrive all’amico di aver trovato in lui un fratello che non sapeva di avere, lo lusinga con l’appellativo di creatore che, confessa, riservava solo a Jean Renoir, ma aggiunge «di noi tre, tu sei il migliore». 

Come per tutte le lettere, sono le intestazioni e i commiati a dare il tono: i «carissimo», «amico mio», «grande» in apertura si sprecano, gli abbracci «sinceri», «forti», «ammirati» in chiusura anche; così come in coda entrambi si fanno portavoce dei saluti delle rispettive mogli, Giulietta e Teresa.

Le immagini di repertorio scelte, alternate a riprese ravvicinate del volume di Adelphi che le contiene (Carissimo Simenon – Mon cher Fellini) mentre la voce di Francesco Pannofino ne legge il contenuto, vertono in realtà soprattutto su Fellini. D’altronde, Ventura ha usato prevalentemente materiale proveniente dalle Teche Rai, dove senza dubbio le riprese dello scrittore belga non reggono il confronto con quelle del regista riminese. 

Dal MOMA provengono invece alcuni piccoli stralci di intervista e di vita quotidiana di Carl Gustav Jung. Fellini è sempre stato un lettore attento e fortemente vicino allo psicanalista svizzero, in particolare a partire dal suo incontro con Ernst Bernhard. Scoperta la stessa ammirazione in Simenon grazie a un’intervista, il regista si precipita a scrivergli. È l’ennesima conferma di una vicinanza nella visione del mondo.

Ad accompagnare le lettere sono anche tre brevi interviste a Pupi Avati, Carlo Verdone e Valerio Magrelli, non particolarmente consistenti, ma necessarie per introdurre i meno affezionati ai due protagonisti. Il documentario andrà infatti in onda su RaiMovie domenica 24 ottobre e poi in una mostra dedicata a Simenon dalla Cineteca di Bologna, ha quindi in particolare uno scopo divulgativo.

Ma al di là dell’importanza dei due interlocutori, quella narrata dal carteggio è la storia di due uomini che all’improvviso si sono scoperti affini, che hanno ritrovato nell’altro il proprio stesso sguardo. «Ho letto una tua intervista e sono rimasto sbalordito: le tue risposte erano esattamente quelle che avrei dato io», scrive infatti Simenon a Fellini. Una storia di amicizia dunque, che, come tutte le amicizie più vere, è anche una storia d’amore.