Dany Boon è un tirchio, ma davvero poco perfetto

In sala dal 16 marzo (per Bim) “Un tirchio quasi perfetto”, la nuova commedia francese col suo volto più popolare: Dany Boon alla cui prova da mattatore è affidato tutto il film. Una storia esile che scivola via senza lasciare traccia. A parte qualche gag azzeccata qua e là…

Un tirchio quasi Perfetto (al cinema dal 16 marzo, distribuito dalla Bim) è una commedia del regista e sceneggiatore Fred Cavajé, il quale vanta un passato di fotografo nel mondo della moda e un precedente film a episodi intitolato Gli infedeli.

Il suo nuovo film si affida alla prova da mattatore di Dany Boon, volto ricorrente delle commedie più popolari d’Oltralpe, nonché regista di uno dei maggiori campioni d’incassi di tutti i tempi: Giù al Nord (“Bienvenue chez les Ch’tis”) che da noi ha generato un remake con tanto di sequel, Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, tutti incentrati sugli eterni stereotipi e pregiudizi tra settentrione e meridione.

Dany Boon, dunque, appare particolarmente credibile nel cliché del tirchio che vive ai limiti della sopravvivenza, carattere del resto tipico del teatro classico e che Molière ha reso immortale col suo Arpagone. François Gautier, infatti, è un musicista e maestro di musica che ha il terrore di spendere più dell’essenziale, si tratti di lampadine o di cibo quotidiano, per non parlare delle bollette e delle spese condominiali in arretrato di anni, il che lo rende particolarmente inviso al condominio e all’intera comunità, con l’unica eccezione di un funzionario di banca che si presta a fargli da psicanalista, ovviamente a titolo gratuito.

La vita di François viene completamente sconvolta quando si innamora di una donna, una musicista sua ammiratrice. Quasi contemporaneamente scopre di avere una figlia di cui ignorava l’esistenza ed è costretto a ospitare la numerosa e chiassosa famiglia di un vicino che ha ricevuto lo sfratto e non sa come sbarcare il lunario.

Da qui prende il via una commedia degli equivoci ai limiti del grottesco, dato che François deve riuscire a occultare il suo terribile difetto e adattarsi al ruolo di generoso per non perdere l’amore delle due donne, e anche per limitare i danni economici dovuti alla sua nuova condizione.

Si ride qua e là per qualche gag azzeccata, specie quando entra in scena lo psicanalista-banchiere, e si parteggia volentieri per il buon François lungo gli sviluppi di una vicenda prevedibile dall’inizio alla fine.

Gli altri 89 minuti di un film privo di grandi pretese scivolano via senza lasciare traccia. Tuttavia non si pentiranno gli adulti che decidono di passare il pomeriggio al cinema in compagnia di figlio/a o nipote coetaneo/a di Noémi Schmidt, che dà un’anima alla figlia di François, Laura. Purché non si ceda alla tentazione di commuoversi per un finale un po’ ruffiano che non brilla per eccesso di fantasia.