Doctor Strange, la magica passione
Sempre in vetta ai botteghini l’eroe Marvel interpretato da un Benedict Cumberbatch semplicemente perfetto. Eppure Scott Derrickson sembra un po’ frettoloso nella narrazione, anche se riporta fedelmente tutto quello descritto da Stan Lee e Steve Ditko nel lontano 1963…
A distanza di mezzo secolo il Signore delle arti mistiche “appare” sugli schermi sulla scia degli Avengers, in un trionfo di effetti speciali alle soglie della psichedelia.
Steven Strange è un asso della chirurgia. Un fuoriclasse che concepisce la sala oparatoria come un campo da gioco, il bisturi come la mazza o la racchetta e il paziente come la rete o la buca. Solista perfetto, “chirurgico”, offre straordinarie esecuzioni a tempo di musica a beneficio degli infermieri e della stampa.
Che impresa dopo impresa ne magnifica la gloria e alimenta l’impennata del suo ego. Il Dottor Strange ha tutto. Ricchezza, fama, un amore conflittuale con la dottoressa Christine Palmer – la sempre graziosa Rachel McAdams – primario del pronto soccorso idealista e paziente, ma soprattutto ha il disprezzo dei colleghi di cui si compiace. Ha anche una Ferrari, e in un mostruoso incidente stradale causato dalla sua arroganza va a tanto così dal rimanerci secco.
Il dottor Steven Strange, ora solo Steven Strange (ma in una inquadratura stretta sul foglio di carta su cui tenta di scrivere il suo nome, leggiamo “Stephen Strange”. Errore di doppiaggio? N.d.r.) perché ha perso l’uso delle mani e con esse tutto il suo talento e sé stesso, solo dopo un lungo cammino catartico troverà una nuova possibilità e con essa il vero senso della vita.
Tanto descrivevano Stan Lee e Steve Ditko nel lontano 1963 e tanto racconta il regista Scott Derrickson. Peccato che abbia una fretta del diavolo. Ogni momento, parte introduttiva esclusa, è accennato a malapena. Il suo calvario interiore che era poi la linea narrativa di tutti gli eroi classici della Marvel, è più che altro intuito. E così anche il ritiro spirituale e l’addestramento presso l’Antico – che in ossequio al dilagante politicamente corretto diventa donna, con le fattezze diafane e androgine di Tilda Swinton – per divenire lo “Stregone supremo”, difensore della Terra contro le forze occulte.
Apprezzabili alcune sequenze di magia, specie quelle in cui la realtà viene piegata, alterata e ricostruita, per quanto alludano alle prospettive escheriane di Inception. Il finale funziona poco. Sbrigativo e facile. E già visto. Da Il giorno della marmotta a Edge of tomorrow, la ripetitività temporale non sorprende più.
Avendo in mano “lo stegone supremo”, sia pure in divenire, era lecito attendersi uno sforzo maggiore. Più riuscite invece alcune trovate comiche come la cappa della levitazione parecchio “mutevole” e certi dialoghi dallo humor sofisticato. Con una sola parolaccia in tutto, il film si attesta felicemente in controtendenza sull’estetica della trivialità, comprese certe strizzatine d’occhio al sesso che da Guardiani della Galassia a Iron Man3 fino a Deadpool (più giustificabile perché mirato a un pubblico adulto) si stava affermando anche nel connubio tra la Casa delle idee e la Disney.
Superbo e puntuale il contrappunto musicale composto da Michael Giacchino, enfatizza, amplifica, anticipa ciò che in sala si vede. Quanto al Doctor Strange tridimensionale, Benedict Cumberbatch è semplicemente perfetto. Immedesimazione totale. Autentica. Genuina si direbbe. In valori assoluti è quasi l’interpretazione iconica più indovinata di sempre. Un gradino sotto Cristopher Reeve – Superman, e sullo stesso piano di Chris Hemsworth – Thor e Christian Bale – Batman.
L’attore già Khan nel remake -reboot di J. J. Abrams e successivamente, inventore di Enigma, nonché nel cast del dolente La talpa, è divenuto noto con la mini serie Sherlock in cui era il detective più abile della storia, con questo Doctor Strange sembra aver trovato la sua dimensione attoriale, come annuncia il suo incontro con Thor nel finale del film; consueto lancio del nuovo episodio di Avengers.
Il cattivo del film è Kaecilius, col volto algido e inquieto di Mads Mikkelsen, una volta allievo prediletto dell’Antico, sedotto dalla Dimensione Oscura dell’entità cosmica Dormammu. L’attore danese dopo il taciturno eroico Tristano di King Arthur, ha messo insieme una galleria di cattivi d’antologia: Le Chiffre, avversario di James Bond in Casinò Royale, Rochefort, lo spadaccino rivale di d’Artagnan e Hannibal Lechter nella serie tv.
Come il Doctor Strange, sono numerosi gli eroi che trovano nelle religioni, filosofie e credenze del’Estremo Oriente una via per risorgere. Accade nel radiofonico e poi cinematografico Uomo Ombra, in Deadman, Martin Mystere e nel Batman di Frank Miller e Cristopher Nolan. Avanti il prossimo.
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Non è proprio il mio genere: tutti questi “derivati” mi confondono e mi infastidiscono nel loro svilupparsi intricato di sequel-prequel-reboot-spin off-crossover e supercazzola.
E dunque non avendo visto il film pongo solo una domanda: se non sbaglio il film ha incassato in Italia circa 7 milioni.
E’ un ottimo risultato ma forse non proprio eccellente… o no?