Frammenti di un discorso amoroso. Francesca Comencini fa centro, con ironia
Già passato a Locarno ed ora al Torino filmfest, arriva in sala dal 29 novembre (per Warner Bros), “Amori che non sanno stare al mondo” per la regia di Francesca Comencini dal suo omonimo romanzo. Un bel film che ragione sull’amore, dopo una separazione. Con Lucia Mascino in grado di dribblare con rara qualità attoriale il rischio di trasformare in macchietta Claudia, l’ossessionata protagonista della storia…
Curioso che, nel giro di pochi giorni, capiti di vedere film pronti per le sale, che, oltre al tono tragicomico, hanno altre cose un po’ particolari in comune.
Alludo a Gli sdraiati, Amori che non sanno stare al mondo ma anche a 50 primavere.
I primi due, pur diversissimi, hanno in comune la partenza da un libro omonimo (non lo stesso ovviamente) che, più che un racconto, è una sorta di flusso di coscienza che, a giudicare dai risultati ottenuti, fa pensare che sia un’ottima base per partire.
Quanto alle affinità tra il terzo e il secondo film, sono da attribuire solo al fatto che lo sguardo e il cuore della storia, di chi l’ha scritta, diretta e interpretata è inequivocabilmente femminile e che la protagonista è una bella donna arrivata alla seconda età, o al secondo atto della sua vita, con un amore appassionato alle spalle.
E un più che forte desiderio di recuperarlo.
Ma veniamo ad Amori che non sanno stare al mondo che Francesca Comencini, autrice anche del romanzo (leggi la recensione di Stefano Bocconetti) edito da Fandango, è finalmente riuscita a trasportare al cinema, grazie anche alla collaborazione alla sceneggiatura di Francesca Manieri e Laura Paolucci.
Insieme hanno fatto un ottimo e non facile lavoro per rendere questi frammenti, non di discorso, ma di pensiero doloroso-amoroso, in un bel film che ragiona sull’amore. E che ha anche il merito di avvalersi del montaggio pregevole di Ilaria Fraioli, a cui dobbiamo anche i deliziosi inserti d’epoca, e soprattutto di un perfetto cast capitanato con autentico trasporto da Lucia Mascino in grado di dribblare con rara qualità attoriale il rischio di trasformare in macchietta Claudia, l’ossessionata protagonista della storia.
Claudia è una gran bella donna che ha superato da un po’ di anni i quaranta, insegna letteratura all’università, ma è soprattutto una guerriera che non depone mai le armi. È una che non ha peli sulla lingua (anche se ne toglie due dal seno) diciamo pure che ha una sorta d’incontinenza verbale che la porta a dir tutto quel che pensa, quando lo pensa, e senza freni. Esente da ogni tipo o forma di strategia sentimental-esistenziale.
Insomma, una fatica non da poco per un uomo. Di questi tempi.
E infatti lui (Thomas Trabacchi), il professore – prima aggredito intellettualmente in aula davanti a tutti gli studenti, poi folgorato dal “ti amo” di lei spiattellato spudoratamente all’improvviso senza nemmeno i normali preamboli, quanto meno di tempo – dopo i 7 anni canonici di passione amorosa, ma sempre armata, la lascia.
“Tu devi smettere di aver paura di perdermi”, l’aveva inutilmente preavvertita. Così, sfinito e impaurito dall’irrefrenabile lucida coscienza di lei, passa a miglior vita, non nel senso che muore, ma in quella così di frequente praticata dai maschi che hanno superato da un po’ la mezza età: si trova una giovane compagna affetta (quando va bene) solo da nostalgia di un papà e in breve tempo se la sposa.
Perché? Perché, oltre ad avere ancora quello che volgarmente si usa definire “carne giovane”, non è una donna incapace di mentire, dunque a volte insopportabile, che lo mette sempre a nudo, che gli fa vacillare il suo virile e atavico, anche se un po’ malconcio, senso del potere.
Claudia perde la brocca, non si da pace, entra in un tunnel in cui ossessivamente cerca di rimettere in piedi i cocci e in questo suo disordinato brancolare, anche aggrappandosi con monotematica e logorroica enfasi all’amica (Carlotta Natoli), riesce alla fine a ritrovare se stessa.
E del resto anche i Beatles sono sopravvissuti alla separazione.
Ma attenzione, anche se il tema dell’abbandono è drammatico, il film sempre autoironico, in molti punti è esilarante, per arguzia di termini e trovate: come la surreale lezione etero-capitalista, tenuta in un’aula zeppa di donne, sulla nozione del tempo rispetto all’età delle donne nel mercato sessuale. Ma anche in quella nel bagno dove lei e l’amica si incontrano e si truccano con l’Anchor Woman (Iaia Forte).
A questo film di asciutta intelligenza mi viene solo da fare una critica: troppe scene di sesso. Ne bastava forse solo una con lui e una con la lei , la studentessa ballerina (Valentina Bellè) con cui Claudia sperimenta una consolazione provvisoria.
Ma è anche vero che per molti questo è un pregio. E il sesso, nelle sale, Francesca Comencini lo propone da anni in modo esplicito.
Prodotto da Fandango con Rai Cinema Amori che non sanno stare al mondo uscirà il 29 novembre distribuito dalla Warner Bros.
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