L’amore che resta. Nel libro di Francesca Comencini che è già film

Una coppia di cinquantenni dopo la separazione. Nuove relazioni, traballanti. E poi la scelta di lei di non sfuggire al dolore, ma anche la consapevolezza che quegli anni passati insieme, le notti, i litigi, le risate, le fughe, i riavvicinamenti sono ormai dentro di sé. Li custodisce. Anche con ironia. È “Amori che non sanno stare al mondo” (Fandango) il libro di Francesca Comencini che è già film (con Lucia Mascino e Thomas Trabacchi) e passerà al festival di Locarno il 6 agosto…

E se il dolore alla fine diventasse una “rete invisibile che addolcisse le cadute”?

Leggi il libro di Francesca Comencini (Amori che non sanno stare al mondo, Fandango, 2013) e alla fine hai solo domande. Ma non quel genere di interrogativi angoscianti, che ti tolgono il fiato. E che magari ti impongono una risposta tranchant, una purché sia. No, qui le domande sono delicate, esattamente come il libro. Sfumate.

Perché ci sono Claudia e Flavio, due persone mature, due persone affermate, due docenti universitari. Due cinquantenni. Hanno vissuto insieme, si sono amati ma ora hanno deciso di lasciarsi.

Si sono amati ma forse di un amore diverso l’uno dall’altro. Lei – è difficile trovare le parole giuste, senza il rischio di sminuire il senso del libro -, lei promotrice di un progetto dove le loro vite producessero qualcosa di diverso, di unico. Di comune. Lui – pur fra mille alti e bassi – disponibile ad un progetto di amore parallelo, chiamiamolo così, dove i due diversi tratti avrebbero potuto camminare insieme ma sempre ben distinti l’uno dall’altro. Autonomi. Tratti che si potevano lambire, incontrare, intrecciare, respingere ma comunque autonomi. Con lui, sempre più insofferente ai suoi rimproveri, alle sue sollecitazioni. Alle sue domande sempre più profonde.

Si separano ma non si cancellano. Lui mette da parte gli interrogativi e si ributta nella vita. Ricomincia. Incontrando una trentenne “pragmatica”. Giovane, appassionata. Che ha scelto di prendere gli eventi come vengono, lontana dalle pesanti domande della sua ex compagna. Lei, invece, sembra stemperare il dolore della separazione nell’incontro con una studentessa. Anche in questo caso, molto più giovane di lei.

Ma questo rapporto finisce presto. E Claudia non può e non vuole sfuggire al dolore. Soffre – e anche qui la sua sofferenza è raccontata con molta delicatezza, a volte con tono scherzoso, come nella descrizione puntigliosa dei mille messaggini che continua ad indirizzare al suo ex compagno – ma non si atteggia mai a vittima.

Perché dal suo dolore, tira fuori una sorta di essenza: la consapevolezza che quegli anni passati insieme, le notti, i litigi, le risate, le fughe, i riavvicinamenti sono ormai dentro di sé. Li custodisce. Con poca o con molta nostalgia, a seconda dei momenti, degli stati d’animo ma senza ansia distruttiva. Come se Claudia avesse capito che non sempre dopo la fine di qualcosa ci deve essere necessariamente un nuovo inizio. La sua però non è rassegnazione. È semplicemente un modo diverso di porsi domande sulla vita. Su cosa significhi amare