Guido e suo fratello, la poesia contagiosa di Catalano

Al Torino Filmfest il felice esordio del giovanissimo Alessandro Maria Buonomo con il mockumentary “Sono Guido e non Guido” dedicato al celebre poeta, performer e cabarettista torinese. Un divertito e surreale viaggio nella vita di Guido e del suo gemello Armando che nessuno aveva mai conosciuto…

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Guido Catalano è un poeta. Che fa ridere. E parla soprattutto d’amore. Le sue raccolte di poesie (da I cani hanno sempre ragione al suo primo romanzo, D’amore si muore ma io no) hanno venduto 20.000 copie e i suoi reading in giro per l’Italia sono più di  100 l’anno.

Guido Catalano, 45 anni e torinese, è un fenomeno. Anzi un sex symbol dicono i suoi amici. E quando dal palco recita “che cazzo ci fanno i gabbiani a Milano?/che cazzo ci fanno i soldati bardati da guerra?/che cazzo ci fai tu lontana da me, perché non sei qui a farti baciare …” abitualmente il pubblico si spella le mani. Perché i suoi versi surreali, fatti di piccole cose e immersi nella vita quotidiana, spessa di tristezze, ironia e solitudine, sono contagiosi.

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Essattamente come questo film-ritratto, Sono Guido e non Guido, dedicato al poeta cabarettista dalla Elianto Film, produzione di appassionati under 30, col 24enne Alessandro Maria Buonomo che ne firma la regia e il suo esordio dietro alla macchina da presa.

 

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Risultato: un mockumentary degno di Elio e le Storie tese, in cui il cazzeggio si fa poesia e la poesia cazzeggio, come le strisce surreali del fumettista Sio che ci introducono da principio al “grande segreto” della vita di Guido Catalano: suo fratello gemello Armando. Un’invenzione narrativa che fa procedere il racconto fino alle risate.

È lui, infatti, il vero artista, il poeta, quello timido e appartato che fin da bambino vediamo indossare scuri occhiali da sole nelle foto di famiglia (pare che un granello di polvere portato da un colpo di vento gli sia stato fatale). È lui che scrive e scrive in gran segreto, ma non può comunicare perché affetto da un grave disturbo della parola: la reversofonia. Parla al contrario, infatti, Armando, fin da bambino e Guido fin d’allora gli ha fatto da interprete.

Noi spettatori – che lo distinguiamo dal fratello per gli occhiali da sole- lo possiamo capire grazie ad un sofisticato macchinario usato dalla regia che sbroglia le parole e così possiamo ascoltare la sua voce e i suoi racconti, il rapporto con Guido, per esempio che è un po’ come quello tra Battisti e Mogol…

Ci sono poi anche un sacco di “testimoni” a raccontare del gemello Armando. Cugine, ex fidanzate, amici, tutti grandi attori nel prestarsi al gioco del finto gemello. Un gioco del “doppio” a cui a sottoporsi per primo e con grande autoironia è lo stesso Guido Catalano che seguiamo soprattutto nei suoi viaggi in furgone attraverso l’Italia, accompagnato dal suo fedele “manager”  al volante, perché Guido non guida. Su e giù per lo Stivale, in ogni stagione, con i suoi reading sempre più affollati. E che magari, in futuro, potrà condividere con Armando.